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Mar 2006
Etica relativa
Di base sono contrario a imbrogliare le persone.

Ci sono giorni, però, in cui, se mi comportassi onestamente, me ne starei sul divano, a leggere un libro, magari sulla corsa, prima di assopirmi.

Ecco che allora mi dico "ma sì, dai, esci per una passeggiata, magari fai un paio di allunghi, niente di più".

Poi esco e so già che il difficile era il momento mi-cambio-e-esco-dalla-porta-in-una-giornata-grigia-e-non-proprio-accogliente.

Superati i primi minuti, in genere, mi alleggerisco e decollo.

Ieri però era un giorno molto terreno, non c'era verso di librarsi, neanche a mezz'aria.

Così ho scelto la strada più lunga per arrivare a dove di solito corro gli allunghi.
Poi ho fatto la sequenza allungo-corsetta-allungo-camminata. Con questo stratagemma, in dieci sequenze, limite mentalmente accettabile, ho fatto in realtà venti allunghi.

Non sono fiero di essermi imbrogliato, ma a volte non ci sono proprio alternative.

"Il fine giustifica i mezzi, il rozzo se ne frega" (non ricordo l'autore)
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27ma correndo lungo il Piave
A Maserada (TV), una delle corse più affollate da queste parti, giustamente.

Dopo alcuni chilometri asfaltati e stretti, circondati da varia umanità ansimante, ci si getta con veemenza nel greto del Piave (che a dispetto della natura fluviale è in buona parte asciutto), dentro una sorta di boscaglia, seguendo le volute di un sinuoso sentiero. Molto piacevole.

Dal punto di vista prestativo da segnalare sensazioni buone, andavo forte senza fare fatica.
Erano anche sensazioni che non rispondevano a verità, almeno una. Avrei dovuto capirlo dal fatto che tutti, intorno a me, andavano piano.

Non che volessi per forza andare veloce, ma l'inganno della mente e dei sensi è stato così perfetto che ci sono rimasto male al riscontro della realtà dei fatti (almeno 30 secondi al chilometro lasciati, esanimi, sul terreno dell'illusione).

Beh, se non altro la sensazione di non aver fatto fatica era reale, almeno credo, a questo punto non mi fido più.
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Cielo grigio su, foglie gialle giù
per chi, nome a caso, fosse interessato a correre a San Francisco, o anche solo a San Francisco. Ci sono delle foto accattivanti e interessanti informazioni.
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Trevisomarathon 2008
E non è certo gente che si riposa sugli allori, bravi.

Dal Comunicato stampa visibile sul sito
trevisomarathon.com:

"TREVISO MARATHON CORRE NELLA STORIA
TRE PERCORSI PER UN 2008 DA RICORDARE

Un’edizione speciale celebrerà il novantesimo anniversario della vittoria italiana nella 1° Guerra Mondiale. Tre tracciati di gara si congiungeranno prima del passaggio sul Piave, (...) Il progetto prevede di affiancare, al tracciato originario della maratona (da Vittorio Veneto a Treviso), altri due percorsi che partiranno rispettivamente da Vidor e da Ponte di Piave e che, dopo aver completato all’incirca i primi 20 chilometri di gara, si congiungeranno a Ponte della Priula, appena prima dell’attraversamento del Piave stesso. Dopo la fusione fra i tre tracciati di gara, gli atleti continueranno la loro corsa lungo il tradizionale percorso che li condurrà sino a Treviso, dove sarà collocato il traguardo della maratona.
I percorsi di gara saranno intitolati alle tre Medaglie d’Oro della Grande Guerra, cui la provincia di Treviso ha dato i natali (Sante Dorigo per il tracciato che partirà da Vidor, Alessandro Tandura per quello da Vittorio Veneto, Manlio Feruglio per quello da Ponte di Piave). Gli atleti saranno forniti di maglie colorate che, al momento del ricongiungimento dei tre tronconi di gara prima del passaggio sul Piave, creeranno un suggestivo effetto tricolore. "

Progetto 2008 1

Io vivo sul percorso rosso ma, dovessi farla, mi butterei sul verde.
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L'emerodromo
Ben prima dell'avvento di internet c'erano dei personaggi che garantivano il flusso delle informazioni spostandosi, a piedi, anche per lunghe distanze: gli emerodromi.

Oggi si tratta di una professione il cui mercato non è molto florido, eppure la simulazione della giornata tipo di un emerodromo sta raccogliendo i favori di un numero crescente di appassionati che vengono definiti ultramaratoneti.

L'ultramaratona è una specialità che raggruppa tutte le distanze superiori ai 42km e 195 metri della maratona. Tipicamente dai 50km in su. Per gli statunitensi è peggio ( da un certo punto di vista) perché, dove gli europei si misurano per esempio nella ormai classica 100km, per loro sono 100 miglia, che in chilometri dà oltre 160, e in ore porta la questione oltre il dì, espandondosi nei confini indefiniti della notte*.

Se guardiamo allo sforzo, senza andare troppo nei dettagli, la maratona chiede un pedaggio che le ultramaratone non chiedono.
La durata e i ritmi della maratona sono un compromesso tra il consumo di zuccheri e grassi. Le riserve di zuccheri, infatti, non sono sufficienti per una maratona tirata. Quindi tocca correre con una miscela di grassi cercando di ottimizzare velocità e consumo, perché se finiscono gli zuccheri si entra in un mondo confuso e traballante, un mondo orizzontale, in quanto in vericale si fa fatica a stare (per chi è interessato l'argomento viene ben sviscerato, anche dal punto di vista dell'allenamento specifico, nel libro "Mente e maratona" di Trabucchi e Speciani)

Nelle ultramaratone i ritmi sono, necessariamente, più lenti, si va principalmente a grassi, e di quest'ultimi ne abbiamo anche da donare ai bisognosi, e si può mangiare senza incidere sulla prestazione più di troppo.

Conclusione: lo sforzo percepito è inferiore e si riesce ad affrontare la gara senza quel grosso rischio del "muro" di maratona.

Mancherà l'adrenalina del correre sul filo del rasoio, ma si entra in un mondo fantastico, nel senso che dopo quattro o cinque ore di viaggio cambia la dimensione filosofica.
Cambiano i parametri che nella vita civile consideriamo imprescindibili. E ne vengono fuori delle belle scoperte, di se stessi principalmente.

Il tempo tiranno che ogni giorno scandisce i nostri ritmi perde un po' di potere. Sì, arrivare prima è meglio, c'è sempre l'attrazione fatale del personale, ma in fondo ci si gode l'essere la fuori, padroni di sé stessi, con l'unico imperativo di avanzare, ma, se ci si ferma a guardare una radura che si apre improvvisamente dopo chilometri di bosco, non è poi la fine del mondo.

Alla fin fine si porta un messaggio importante a sé stessi: un po' di attenzione.

Nota a margine: alcune sensazioni sono riproducibili anche su distanze più brevi corse a ritmi lenti.

*: in realtà anche chi vive in paesi decimali prova il brivido della notte. Gare, come per esempio la 100km del Passatore, partono al pomeriggio e vedono i più lesti tagliare il traguardo comunque a sera ben inoltrata.
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Chi?
Oggi, alla fine di un'ora e qualcosa, un po' trascinate a dire la verità, mi sono trovato a correre con baldanza gli ultimi 500 metri. Sentivo appena sotto l'ombelico una specie di palla di energia che mi trascinava avanti (no, non dovevo andare al bagno).

Tutto il mio peso era concentrato lì, avanzavo orizzontale, senza sobbalzi, le gambe roteavano rapidamente ma non spingevano, si limitavano a seguire il corpo.

Ho cercato di memorizzare assetto e sensazioni, spero di poterli riprodurre.

Chi lo sa se era il famoso Chi.

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I laghetti di Savassa
Poco sopra Vittorio Veneto, in luoghi che a prima vista paiono inospitali, si svolge la nostra gara preferita dell'anno. Sei, dodici, venti chilometri su, giù, di fianco, dentro, laghetti, boschi, pendii, sentieri rocciosi e morbidi sterrati, qualche asfalto di transizione, ma non troppo.

Ogni anno correrla è un imperativo, quelli che di solito fanno la sei spesso si spostano sulla dodici, dove non trovano quelli della dodici perché a loro volta si sono spostati sulla venti.

Perché ha un fascino tutto suo, che ti trascina al traguardo, anche se in fondo un po' ti dispiace, perché è così bello starci.

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La lepre
Quando facevo l'allenatore c'era un gioco che mi piaceva far fare ai giovani che si affacciavano speranzosi al mondo dell'atletica.

Si trattava di una gara di regolarità: dato un tempo accessibile a tutti sui 400 metri vinceva chi riusciva ad avvicinarcisi di più.
Ne uscivano dei risultati interessanti. La prima volta era una specie di suicidio. Tutti al massimo, e non cambiava praticamente nulla rispetto ad una gara normale.
In poche sedute la situazione si ribaltava e, con le ovvie differenze di prestazioni, tutti cominciavano ad interpretare la prova correttamente, gestendo lo sforzo in relazione all'obiettivo stabilito.

Questo gioco dava a tutti la possibilità di vincere, indipendentemente dalle potenzialità fisiche, ma aveva lo scopo, principalmente, di costruire una sensibilità al ritmo.

Era utile anche per i velocisti, ma in particolare ai corridori di lunga lena creava le basi di quella che è la dote principe (principessa?) del fondista.

Chiunque abbia mai corso una maratona partendo troppo forte (quindi tutti quelli che ne abbiano fatta almeno una) sa di cosa parlo: della capacità di correre ad un ritmo non massimale adeguato alla distanza da percorrere.

Negli ultimi anni il gioco viene fatto anche dagli adulti (non che con questo voglia assumermene alcun merito, ci sono arrivati da soli) con l'organizzazione delle lepri per tutti. Ormai le maratone importanti offrono un servizio di pacemaker che in genere va di quarto d'ora in quarto d'ora dalle tre ore auspicate fino a "entro il tempo massimo".

Ci sono atleti che si sono specializzati in questa attività, che svolgono con apprezzabile perizia, e che presenta delle difficoltà per certi aspetti superiori a correre al massimo.

La distribuzione della prestazione dev'essere assolutamente precisa dall'inizio alla fine, con margini di errore estremamente ridotti. Errori che, tra l'altro, non vengono pagati dal singolo ma da tutti quelli che di lui si sono fidati.

E' quindi comprensibile anche la pressione cui le lepri sono sottoposte.

Eppure sempre più persone si offrono e svolgono questo ruolo con perizia e soddisfazione. C'è l'aspetto prestazione individuale, il fattore sociale e il divertimento di correre senza doversi spremere al massimo per fare il personale.

Maratone tirate se ne potranno fare un paio all'anno, mentre la lepre uno la può fare molto più spesso, mettendo in gioco la testa più che il fisico.

Senza poi dimenticare che, una volta che la lepre decida di correre la maratona cercando la prestazione, avrà acquisito quella capacità di leggere il ritmo che è fondamentale in questa gara.


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Trevisomarathon
Ieri si è corsa la terza edizione della Trevisomarathon, che è asfaltata, piatta, rettilinea e organizzata da una società con cui ho collaborato per anni.

Alla luce di tutto ciò non l'ho corsa, ma ho dato una mano all'organizzazione, in specifico all'ufficio stampa.

Ciò mi ha concesso il privilegio, fra l'altro, di seguire tutta la gara da un pulmino e di vedere quindi le molte maratone che si svolgono.

La gara degli agonisti, con il gruppo che pian piano si screma, prima i più lenti, poi le lepri nei punti stabiliti, e via via gli altri fino a che ne rimane uno solo.

La gara degli amatori, che ho vissuto più che altro vedendo gli arrivi di molti oltre le tre ore, ognuno con la sua storia personale e la sua personale vittoria.

La gara del pubblico lungo le strade. Caloroso, nonostante neve e temperatura, e curioso.

La gara dei volontari, pronti ad assolvere il loro compito, per quanto oscuro, con genuino entusiasmo.

La gara degli amici della
DRS, incontrati con piacere la sera prima a cena.

La gara dei giornalisti, preparati in storia e statistica dell'atletica, decisi a raccontare le tante maratone a quelli che non c'erano.

La gara di Ivano Barbolini, organizzatore della maratona di Carpi, con cui ho avuto la fortuna di parlare, il quale, ovviamente, vedeva, clima, percorso, pubblico, partecipanti e quant'altro con l'occhio dell'organizzatore, con tutto ciò che questo comporta.

Eh sì, sono stato fortunato. Altri con lavori più pesanti e importanti forse non hanno potuto vedere tutto quello che ho visto io.

Ovviamente niente gare "attive" per me in questo fine settimana. Una sgroppata preventiva lungo l'argine del Monticano al sabato mattina, e una ventina di allunghi alla domenica pomeriggio, immaginando di giocarsi la vittoria con i primi.
Specie col vento a favore mi sembrava pure di andare forte.

E quella maratona di maggio, che guardavo grigiamente svogliato da lontano, sembra già più attraente e colorata.
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ridisegno
Dopo oltre un anno si è pensato di fare qualche cambiamento. I contenuti originali ci sono tutti, distinti tra "pagine", per tecnica, link, presentazione e archivio, e "categorie", per tutto il resto.

Adesso dovrebbe essere possibile anche inserire dei commenti. Il condizionale è d'obbligo.

L'ho testato con Safari, Mozilla e Firefox su Mac e con Internet Explorer su Windows. Ce l'ho messa tutta per renderlo leggibile. Se ci sono problemi lasciatemi un commento e vedrò di sistemare, se posso.

Per i nostalgici ho lasciato in linea il vecchio sito:
rualan.com/originale/

meriterebbe un brindisi...

espresso
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giocare a zona
E ieri, tra le altre cose, mi sono trovato a correre a ritmi brillanti senza accorgemene.
Era un po' che non mi trovavo "nella zona", una di quelle sensazioni per le quali vale la pena di vivere.
Avanzi senza fatica, il tempo è fermo, non di quel fermo che non passa mai, ma di quel presente che non necessita di passati da ricordare o futuri da anelare.

Un bel viaggiare non c'è che dire
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il collinare
L'astuto abitante delle grandi pianure si premura di porre la sua dimora nei pressi di un cavalcavia.

In una giornata piovosa, in cui il collinare giro del lago morto si presenti come lontano e inaccessibile, ecco che si può inserire, dentro un "lunghetto" di un'ora e mezzo, una decina di su e giù per il suddetto cavalcavia.

L'aspetto paesaggistico ne soffre, certamente, ma a volte è importante guardarsi dentro.

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riporto ispirazione
Competizione, filosofia, arte.
Tanti angoli diversi o, forse, un solo cerchio ed una perenne ricerca.

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"In un mondo che dice 'sei troppo stanco' e 'non hai tempo' e 'solo i soldi contano', la corsa ci rende Fratelli e Sorelle della strada.
Ecco perché correre non è solo qualcosa che riguarda il bruciare calorie.
Ecco perché la corsa è qualcosa di più di un semplice sfogo per lo stress.

Se la salute è il vostro obiettivo principale, potete raggiungerlo su una cyclette guardando le repliche di Fantasilandia .
Correre è 'reale' e relativamente semplice - ma non è facile.
E' una sfida.
Richiede lavoro.
Richiede l'assunzione di un impegno.
Dovete scendere dal letto, uscire dalla porta e scendere in strada.
Rischiate di prendere freddo, umidità o troppo caldo.
Potrebbe essere che dobbiate colpire sul naso qualche cane ultrazelante
oppure qualche pirata della strada sul cofano,
e che vi capiti più volte.
E, naturalmente, dovete cominciare facendo la vostra prima vera corsa."

(Mark Will-Weber, "The quotable runner")

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"Forse il prezzo per salire in cima all'Everest si deve calcolare in modo diverso. Sembra che sempre più gente sia disposta a pagare in contanti, ma non tutti sono disposti a pagare di persona con lo sforzo fisico necessario per allenarsi gradualmente, corpo e mente, scalando cime più basse, muovendosi dalle difficoltà più semplici a quelle più complesse, e arrivare solo alla fine a scalare gli ottomila. Una preparazione di questo tipo forse non è appagante, ma è necessaria."

(Anatolij Bukreev - non è detto che la frase si applichi solo all'Everest, ndr)

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"Una gara è un'opera d'arte che le persone possono osservare, ed esserne colpite, in tanti modi quanti sono in grado di comprendere"

(Steve Prefontaine)

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"Correre è fondamentalmente un assurdo passatempo attraverso il quale sfinirsi. Ma se riuscirete a trovare un significato in esso, riuscirete a trovare un significato in un altro assurdo passatempo: la vita."

(Bill Bowerman, allenatore)

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"Ero interamente assorbita nei miei pensieri. Pensieri pratici, come 'mettere
mettere un piede davanti all'altro' e pensieri più metafisici, tipo 'cedere
alla stanchezza oppure accettarla come fatto naturale e anzi vedere nel
superamento psicologico della stanchezza il *vero* obiettivo della
competizione.' "
(Amy Stilson Pogliano al suo esordio nella Avon Running)

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"Un sacco di gente gareggia per vedere chi è il più veloce. Io corro per vedere chi ha più fegato, chi può punire sé stesso con un ritmo da sfin imento , e poi, alla fine, punirsi ulteriormente.
Nessuno vincerà un 5000 dopo aver corso 3 chilometri facili. Non se ci sono io. Se perdo forzando il ritmo per tutta la gara, almeno posso vivere con me stesso"

(Steve Prefontaine)

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"Siamo sempre i Paul Tergat di qualcuno e i tapascioni di qualcun altro".

Volevo dire che se mi gaso troppo mi basti pensare che quello che io faccio a stento in un mille, molti lo fanno 42 volte di fila; ugualmente, ce ne sono tanti che vanno piu' piano di me, dunque non mi devo buttare mai troppo giu'.
Credo che in questa affermazione tutti ci possiamo riconoscere almeno un po'.

(Andrea Busato)

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"Sono il tipico corridore "stesso tempo - stesso luogo". Corro gli stessi percorsi, di solito alla stessa ora.
La ripetitività di questa routine mi dà un senso di tranquillità. Ma le corse in sé non sembrano "repliche televisive".
Sono diverse le une dalle altre tanto quanto i singoli fiocchi di neve o le impronte digitali. Non ce ne possono essere due uguali.
Il tempo atmosferico cambia di giorno in giorno e la luce di stagione in stagione. I livelli di motivazione ed energia d ettano i cambiamenti di andatura. Le persone sorpassate, i luoghi visti e le cose pensate: tutto cambia in ogni corsa.
Ogni corsa unisce la consuetudine della routine con la sorpresa del nuovo giorno. Questo insieme non lascia spazio alla noia.

(Joe Henderson, "Correre al meglio")
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riporto libri
questa è la pagina che andava sotto il nome di "libri", adesso li dovrei aggiungere quì e dopo si possono trovare sotto la categoria "libri".
Stessa cosa, un po' più facile da aggiornare per me, e quindi ci sono maggiori possibilità che lo faccia.


"Suffer in silence" di David Reid. Un romanzo, però basato sull'esperienza reale dell'autore, ambientato nella prima fase del corso per l'ammissione ai reparti speciali della marina statunitense, i SEAL. Una fase in cui il compito primo degli istruttori è scremare i meno resistenti, e ce la mettono tutta, gli istruttori. L'ultima settimana, chiamata "hell week", prevede la quasi totale privazione del sonno, e frequenti immersioni senza muta nell'oceano. 
Dopo tre giorni di hell week volevo mollare, io, che stavo solo leggendo, fra l'altro steso in spiaggia, nel torpore di una mattinata agostana. 
Un  viaggio nel mondo della "resistenza", in senso lato ed estremo, che lascia esausti.

"Every second counts" di lance Armstrong. E' il seguito del libro precedente, riprende da dopo la guarigione e passa per i tour de France vinti, assieme alla vita che ci girava intorno. Impressiona la professionalità con cui affronta ogni aspetto del suo lavoro, allenamento, alimentazione, materiali. Tutto, per limare anche solo qualche secondo, in fondo la gara si decide nell'ambito di pochi minuti di distacco, dopo tre settimane di corsa. 
Ma sono importanti tutti i secondi, Lance se ne rende conto avendo dovuto affrontare una situazione in cui sembrava non gliene restassero molti.

"Dick Beardsley - Staying the course: a runner's toughest race" di Dick Beardsley e Maureen Anderson. La storia di un atleta noto per essere arrivato secondo in una delle più famose sfide di maratona:Boston, 1982. La gara venne vinta da Salazar per un paio di secondi dopo una lotta allo stremo. Dick ha però anche dovuto superare molte altre traversie che racconta ora con la semplicità del ragazzo di campagna che è sempre stato. Dall'incidente nella fattoria alla successiva dipendenza dai "painkillers", al recupero, come ogni buon runner. Se qualcuno pensa di essere sfortunato dovrebbe leggere questo libro.

"Hills, hawgs & Ho Chi Minh" di Don Kardong. Una raccolta di racconti sulla corsa scritti con il consueto umorismo che contraddistingue l'autore. Sono tutti già stati pubblicati, generalmente su Runner's World, ma più di qualche anno fa. Le riflessioni non perdono comunque di attualità, una lettura scorrevole mai priva di un "eh già" o "però" di ammirazione.

"Ultramarathon man - confessions of an all-night runner" di Dean Karnazes
Ed ecco un ultramaratoneta un po' discusso nell'ambiente. Forse perché in genere mantengono un basso profilo, forse la gelosia, ma più di un sopracciglio si solleva al sentire il suo nome. Non è il più "veloce", forse è il più resistente, in ogni caso è riuscito a gestire bene la situazione a livello di immagine.
Il libro parla della sua maturazione attraverso principalmente quattro gare (Western states, badwater, la maratona al polo sud e la "staffetta" da 200 miglia). Interessanti le reazioni fisiche alle condizioni estreme cui si sottopone. Dal punto di vista tecnico non c'è molto, è un "marziano".

"Kelly Holmes - my olympic ten days" di Kelly Holmes vincitrice di 800 e 1500 ad Atene. Questo libro non vincerà di certo un premio letterario ma è utile per dare una visione dal di dentro di come un'atleta di vertice vive un appuntamento come le Olimpiadi.

"Paula- my story so far" di Paula Radcliffe. Biografia dell'atleta britannica fino ad oggi (poche settimane dopo Atene 2004 ndr). Alcune parti possono risultare poco interessanti (la fase dell'adolescenza e la storia con l'attuale marito, per me) ma il racconto delle settimane prima e dopo Atene è assolutamente emozionante. Ci porta su quella strada infuocata vista da dentro di lei e non da sterili telecamere.

"Raising the bar - integrity and passion in life and business - the story of Clif Bar inc. - a journey toward sustaining your business, brand, people, community and the planet" di Gary Erickson con Lois Lorentzen. 
Storia di una passione diventata business, storia di un business rimasto, lottando con le unghie e con i denti, passione. 
Clif bar non è conosciuta in Italia ma negli Stati Uniti è uno dei principali attori nel campo delle "barrette" energetiche. 
Il proprietario racconta la storia dalla nascita dell'idea, agli inizi nella cucina di mamma, alla crescita vertiginosa, alla quasi vendita ad un grossa società, alle difficoltà quotidiane. Molto spazio viene dato alla questione della sostenibilità: del brand e del business, perché se non si fanno soldi non si sopravvive. Delle persone che lavorano in azienda, il cui benessere influisce sull'azienda. Della comunità che vive intorno all'azienda. Del pianeta in cui vive l'azienda.  
L'autore, appassionato di jazz, di vita all'aria aperta, di ciclismo, di arrampicata, fa dei paralleli tra la sua vita e quella di un'azienda, racconta dei suoi viaggi in bici in giro per il mondo. Imperdibile per chi creda che il mondo degli affari sia solo cinico calcolo, e anche per tutti gli altri.

"Aspro e dolce" di Mauro Corona. Il racconto di una vita vista attr averso il vetro spesso di un bicchiere, di vino. Spesso triste.

"La ragazza dai capelli strani" di David Foster Wallace. Una raccolta di racconti di un Grande Scrittore. 
Non parla della corsa, ma mica si può sempre correre. E mica si può sapere a priori da dove arriveranno ispirazioni e idee che potrebbero esserci utili.

"Prisoner's dilemma" di William Poundstone. Un libro un po' tecnico, un po' storico, riguardo la teoria dei giochi, John Von Neumann e varie amenità che l'umanità è riuscita ad imbastire nel secolo scorso (non esclusa la guerra fredda e la bomba atomica).

"Le regole dell'avventura" di Laurence Gonzales. L'autore analizza molti episodi di sopravvivenza (o mancata sopravvivenza) cercando di trovare un filo comune che non sia la fortuna. 
Esplora con divizia di particolari le connessioni e reciproche influenze tra mente e corpo(ricorda niente?) e gli atteggiamenti tipici di vittime e sopravvissuti.
Spiega anche di come sia perfettamente normale comportarsi da stupidi, a volte. Così la prossima volta forse non lo farete o, forse, vi sentirete solo meno stupidi.
Non si limita a condizioni estreme, ci sono applicazioni anche nella vita di tutti i giorni, per esempio un'azienda e il mercato in cui opera (che non è detto non sia una condizione stile giungla, in ogni caso).
E, a voler ben guardare, la corsa lunga è una situazione da sopravvivenza. L'elenco di regole finali si adatta perfettamente a chi voglia sopravvivere ad una maratona.
Un libro imperdibile, in estrema sintesi.

"L'arte dell'inganno" di Kevin D. Mitnick. Il più famoso hacker della storia svela molti dei suoi segreti che, forse a sorpresa, si rivelano poco tecnici e molto personali. 
Molti esempi pratici di come, ancora una volta, siano sempre  le persone la maggior risorsa cui possiamo attingere. 
Imperdibile per tutti quelli che si interessano di comunicazione (cioè chiunque?).

"Il metodo Alexander" di Sarah Barker. (ri)educazione posturale e gestione delle tensioni muscolari. Pensiamoci prima di ricorrere a soluzioni esterne o anche solo ad aumentare i carichi di lavoro.

"Ripensare lo sport" di Pietro Trabucchi. Cos'è stato, cos'è e cosa potrebbe essere lo sport per la crescita di una persona. Tanto. 
Eccezionale, senza voler sminuire il resto del testo, la post-fazione di Brunod.

"La corsa dolce, secondo il metodo Feldenkrais" di Wim Luijpers e Rudolf Nagiller. Riflessioni sulla corsa in generale e sulla tecnica in particolare. Molto tranquillo e colloquiale. Belli i capitoli su postura e tecnica di corsa.

"A step beyond: a definitive guide to ultrarunning" di autori vari. Una corposa raccolta di notizie, suggerimenti, letture per chi è interessato ad andare oltre la maratona. Una guida completa e ben fatta.

"Non ho problemi di comunicazione" di Walter Fontana, autore, tra l'altro, della battuta:
"Era un bambino presuntuoso e saccente. Quando la maestra di prima elementare gli chiese: "Ma tu credi in Dio?", lui rispose: "Be', credere è una parola grossa. Diciamo che lo stimo".
Il libro, splendido. Ironico, amaro, divertente. 
Non dovrebbe essere ignorato da chiunque si interessi di comunicazione, cioè chiunque.

"The runner and the path" di Dean Ottati. Riflessioni sulla vita originate dalla corsa e dai vari personaggi incontrati dall'autore. Piuttosto didascalico, la corsa è più che altro un pretesto per scrivere dei colloqui che avvengono durante. Buono il capitolo sull'attenzione. Si può perdere.

"Soul surfer" di Bethany Hamilton. Tredicenne hawaiana, promessa del surf, viene attaccata da uno squalo cui lascia l'intero braccio sinistro, dalla spalla praticamente. Il suo primo pensiero, una volta ripresa dal comprensibile shock, è di come fare a tornarci, sulle amate onde. 
Non un capolavoro letterario ma il racconto dell'episodio è straziante. Interessanti osservazioni sul vivere da celebrità e sul come gestire una nuova realtà di questo tipo. I riferimenti a Dio e alla fede sono continui.

"Mente e Maratona" di Speciani e Trabucchi . Collegamento corpo e mente sviscerato con pazienza e dovizia di particolari. Per me come trovare un vecchio amico.
La parte dedicata alla gestione di fatica e dolore l'ho letta come un thriller, non riuscivo a distogliere l'attenzione.
Molto dettagliati e stimolanti i diversi mezzi di allenamento suggeriti. Direi che entra di prepotenza tra quelli da tenere a portata di mano per rileggere alla bisogna.

"No need for speed" di John Bingham. Un libro che parla di amore per la corsa e di come farne una relazione per la vita. Niente tabelle, solo scrittura scorrevole e piacevoli osservazioni.

"La preparazione mentale agli sport di resistenza" di Piero Trabucchi. Mi verrebbe da dire un testo basilare per chi sia interessato all'argomento. Scrittura semplice ma tecnica, e che va a bersaglio. Non solo per lo sport ma anche per la vita di tutti i giorni. Perché si debba poi considerarli separati non lo so.

"Long distance" di Bill McKibben. Uno scrittore giornalista decide di prendersi un anno sabbatico, assumere un allenatore e provare ad allenarsi come un atleta professionista. 
Divertente e profondo nell'analizzare la vita dell'atleta. Ambientato nel mondo dello sci di fondo ma i concetti non cambiano per qualsiasi altro sport di resistenza.

"Lo zen e l'arte della corsa" di Luca Speciani. Principi dello zen applicati alla corsa. La mente che lavora insieme al corpo per sfruttare al meglio il proprio potenziale. 
Un bel libro per guardare oltre la solita siepe.

"Correre al meglio" di  Joe Henderson. Impostazione americana per questo libro. Meno tabellare dei corrispondenti italiani e più filosofo e pratico nei consigli.

"Il miracolo della presenza mentale" di Thich Nhat Hanh. L'autore, monaco vietnamita propone di far entrare la meditazione nella propria vita quotidiana. Accanto a quella classica da seduti suggerisce di affiancare la consapevolezza nell'esercizione delle faccende quotidiane. Lavare i piatti non è più stato lo stesso da quando ho letto questo testo.

"ChiRunning" di Danny Dreyer. Principi del tai chi, arte marziale cinese, applicati alla corsa. Sensata e condivisibile analisi della tecnica di corsa.  L'applicazione di quanto spiegato mi ha consentito di risolvere un fastidioso problema alla caviglia che mi perseguitava, nonché completare senza grossi danni una 50km trail con alle spalle una trentina di chilometri alla settimana. Non fa miracoli, intendiamoci, ma aiuta con buon senso.

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riporto storie
Stesso ragionamento dei libri.
In questa pagina ci è finita una raccolta di storie scritte nel tempo, molte inviate alla mailing list della  DRS (vedi eventualmente
link per maggiori informazioni). 
L'argomento è, generalmente, la corsa ma ognuno ci può leggere quello che gli pare. La corsa è (anche) un mezzo, sta a noi utilizzarla per i nostri fini, fossero anche, semplicemente, correre.

storiella di Luglio : parla di una gara corsa, fatta qualche anno fa, dove mi ero imposto di correre dall'inizio alla fine. 
E' interessante per me ripescare queste storie. Infatti c'è un cenno al mio odio per le discese, che non esiste più avendo fatto dei lavori di tecnica di corsa specifici. L'adattamento dovrebbe far parte del bagaglio a mano del podista.

ah..cqua, ah..ahc..quah... : quì si parla di idratazione, o di mancanza di questa. Non ci faccio una bella figura effettivamente, però trovo sia rappresentativa di come a volte gli atleti degli sport di resistenza tendano a sottovalutare determinati segnali. Riuscire a discernere il dolore "buono" da quello "cattivo" è in effetti una delle conquiste più difficili. 
Per la cronaca, nelle gare lunghe mi porto sempre la borraccia, adesso.

opinione sulla corsa : questa era una risposta ad una mail che esprimeva dubbi sulle ultramaratone. L'ho riletta e mi è parsa scritta in un momento di lucidità. Ne ho approfittato.

Steve Prefontaine : alcune righe su un atleta che mi ha colpito molto sebbene, o soprattutto perché, molto diverso da me.

Merlene Ottey : potere della mente. Un corpo strepitoso che non è praticamente mai salito sul gradino del podio di sua spettanza. Il sabotatore, ahimé, operava dall'interno.

Paula Radcliffe : emozioni raccolte dopo il record sulla maratona di Chicago, nel 2002, anche quì per un'atleta che interpreta le gare in modo molto diverso da me.

delle competizioni, anche : un fine settimana di ottobre 2004 ricco di emozioni e di spunti di riflessione.

piccolo trotto : prima corsa "seria" al rientro da un infortunio.

favoletta : una storia di fantasia.

confini sfumati : cosa successe a Don Kardong quando si avvicinò ai quaranta, una storia di limiti.

confini molto sfumati : pochi giorni dopo le riflessioni su Don Kardong e i limiti la questione si ripropone. Un segno?
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