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Sep 2008
Delle gare e delle corse, contro il tempo
Ci sono corse a cui si partecipa e altre in cui si gareggia.

Visto l'impegno richiesto per le seconde io non riesco a correrne più di tre o quattro all'anno. Mi richiedono settimane di preparazione fisica con un sottile ronzio in sottofondo che mi ricorda che dovrò faticare sonoramente (e non sempre è il mio forte) ed in genere la settimana prima divento difficile da trattare, o quasi intrattabile, e mi chiudo in una sorta di circolo virtuoso (in vista della gara) ma vizioso (dal punto di vista sociale).

Se gareggiassi ogni settimana sarei probabilmente un eremita evitato come gli untori manzoniani.

Il tutto non è un problema se uno conosce le sue soglie di attivazione ed i percorsi di avvicinamento ad una competizione.

Domenica scorsa, per esempio, ho partecipato alla
Ecomaratona dei Cimbri, che si sviluppa sull'altopiano del Cansiglio, con un avvio ed un ritorno da Fregona, vicino a Vittorio Veneto.

Parentesi* per ricordare a chi sia appassionato di trail running che si tratta di un evento imperdibile per caratteristiche del percorso e qualità dell'organizzaione, gestita da Stefano e Gianni, che di fango ne han scrollato dalle scarpe.

Tornando a noi, io sono facile al perdono ma non dimentico facilmente. E il ricordo della prima edizione, corsa nel 2004, in cui alla fine della salita principale (=km 11) si erano spente le luci e poi mi ero semplicemente trascinato all'arrivo in 6h43', era ben vivo, pur nella foschia dell'appannamento da fatica.

Quest'anno quindi, i Cimbri non erano nel mio calendario delle gare da tirare, ma ritenevo di dovermi un tentativo di cancellare quel sei iniziale.

La strategia disegnata era piuttosto semplice, sulla carta: di fatto una gara di 30km con 12km, la prima salita appunto, di avvicinamento.

Tutto bene per l'avvicinamento, gestito con professionalità, ma giunto allo scollinamento, a 1500m slm, dopo 11 km, le gambe erano pronte alla sfida ma la testa mancava all'appello. L'idea di fare i successivi 30km tirati, pur senza forzare, proprio non c'era e ho impiegato qualche chilometro per entrare nel personaggio.

Fortunatamente c'era discesa per una decina di chilometri, e fortunatamente qualche chilometro in più corso in allenamento quest'anno ha creato quella sorta di inerzia per cui posso avanzare anche se la mente cosciente non è pronta a spingere.

Fatta una rapida ristrutturazione mi sono quindi rimesso in carreggiata per l'obiettivo di giornata e alla mezza avevo un ampio margine. Complice questa scoperta, unitamente ad una insidiosa salita verso il trentesimo, mi sono distratto e trovato a 10 chilometri dall'arrivo con un margine ben più ridotto, e la consapevolezza che avrei dovuto tirare per stare sotto le sei ore.

Un paio di imprecazioni perché in effetti è sempre così, mai che ti trovi così in anticipo da poter passeggiare senza problemi, oppure sei così fuori dall'obiettivo da doverti rassegnare e quindi passeggiare senza problemi. No, sempre sul filo del rasoio. Ma il passato è passato, e passato lo sfogo via con lo sguardo al futuro e, soprattutto, all'insidioso terreno che è la discesa verso Fregona. Uno sterrato roccioso (si potrà dire?) come solo nella pedemontana vittoriese sanno preparare.

Quasi tutte le risorse sono state impiegate per mantenere la massima velocità compatibile con la rischiosità del declivio, le poche libere erano costantemente a calcolare medie al chilometro, tempo mancante e approssimazioni sulla distanza coperta e da coprire.

La vista dell'arco gonfiabile è stato un bel sollievo, ho rallentato un po' per non passare all'ultimo un altro concorrente, e mi sono fermato di fronte ad una sorridente ragazza, con un costume tipico che a questo punto immagino Cimbro, e ho ricevuto la medaglia.

Il cronometro mi ha dato l'altro riconoscimento: 5h50'. Che non vuol dire nulla in assoluto, ma ha un significato relativo importante.
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* ovviamente il cronista sceglie un taglio da dare alla storia e segue il filo di un ragionamento. In questo caso mi interessava riflettere sulla lotta contro il tempo.
In realtà in quelle, quasi, sei ore ci sono state persone, panorami, momenti di meraviglia, di disperazione e di dialogo interiore, che mancano quì, ma non nell'esperienza dell'evento.
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Nuova Rivista: XRUN
Ha mosso i primi passi una nuova rivista che parla di corsa e si chiama XRUN.

L'idea è di dar voce a quello che la corsa provoca, pensieri, emozioni, con un formato stile libro, che invita alla collezione e alla rilettura nei momenti in cui si ha bisogno di una spinta o di un pacca sulla spalla.

Molte storie quindi, e niente tecnica o cronache generiche di gare. Non perché non siano importanti ma perché già ne se ne parla diffusamente in altre riviste specializzate.

E' un bimestrale distribuito solo in abbonamento. Il primo numero è stato presentato in occasione del UTMB. Quelli che lo hanno letto mi sembra siano rimasti contenti. Il secondo verrà presentato alla Maratona di Venezia.

Ho messo anche il l
ink quì a fianco per gli approfondimenti.

Avvertenza: vi ho scritto un articolo e conosco molte delle persone coinvolte nella realizzazione della rivista.
Quanto sopra potrebbe quindi essere letto come un annuncio interessato o come una garanzia di bontà del prodotto.
Fate voi, mi fido Happy
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Lo scarico, nuove rivelazioni
Continua la nostra esplorazione nel misterioso mondo dello scarico, la fase di avvicinamento alla gara in cui si riduce l'allenamento per arrivare riposati e pimpanti al giorno fatidico.

Leggo sul numero di luglio/agosto di
Marathon & Beyond una interessante riflessione sulla gestione dello stesso ad opera di tale Terrence Mahon, allenatore di Ryan Hall.

Delle tre componenti dell'allenamento, Volume (chilometri percorsi) Intensità (velocità/impegno) e Densità (vicinanza dei vari allenamenti chiave), secondo Mahon, nella fase di scarico ridurne uno è condizione necessaria e sufficiente.

Per cui lui sceglie la densità, mantiene il chilometraggio ed il ritmo delle sedute impegnative ma aumenta i giorni di recupero tra una e l'altra.

Questo a suo avviso evita il rischio di "detraining" e di arrivare alla gara non al meglio ma in fase calata e calante.

Poi conclude con l'avvertenza più importante:
ognuno è una storia a sé. Ci sono quelli che se riducono il carico eccessivamente vanno in tilt, altri invece che cominciano a girare meglio.

Diaretto degli allenamenni sotto mano quindi, e via a studiare cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato nel passato.

Per esempio mi sono reso conto che io tendo a ridurre tutti e tre i parametri, troppo, e effettivamente questo mi scombussola mentalmente e fisiologicamente.

Poi, sempre per me, meglio star fermo il venerdì e fare una corsetta leggera il sabato, perché il giorno dopo un riposo ci metto sempre un po' a mettermi in carreggiata.
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2a Maratonina Della Speranza - San Fior Treviso
E mentre il grosso della truppa si girava dall'altra parte al suono della sveglia, complice un abbassamento di temperature a doppia cifra, condito di venti abbondanti e spruzzato di pioggia, pochi indomiti hanno onorato questa manifestazione, organizzata nelle colline tra San Fior e Colle Umberto.

Il percorso, in massima parte asfaltato, non ha risentito delle condizioni atmosferiche, e così noi che abbiamo sfoderato una prestazione in progressione.

La famiglia è pure salita sul podio, con una vittoria nella 6 km di
Serena, piu' sorpresa che orgogliosa. Era alla sua prima uscita in una gara piovosa.

Ma leggiamo le impressioni dalla tastiera della protagonista:
"Back in Italy. Six-thirty Sunday morning was cold, grey, blustery and raining here in Mareno. Rats. Normally on days like these I choose to stay in bed instead of going out to run in one of our weekly local races. But I was hoping a 6K (4 mile) run might help me shake this jet lag. So off we went and holding my head down to keep my hat from blowing away, I ran out into the rain as Luciano took off on his 12K. The course took us through the usual narrow cobblestone streets, past your standard villa, along the rain swollen river and through a soggy forest. As usual, I was running alone, except for a man who was wearing short shorts, heavy cologne and carrying an umbrella. I kept passing him to get away from the cologne, but he caught up at the downhills (he had pretty long legs) and I felt like I was stuck in his perfume turbulence way too long.

Head down, I doggedly trotted along through the grey morning.

As I neared the end I had lost track of cologne guy and was running alone again, but noticed that it was strangely deserted at the finish line. Thinking all the finishers had hustled on home to get out of the cold, thoughts went through my mind to just stop at the car and call it a day. But I felt pretty good, so I kept on going. Suddenly a woman's voice came over the loudspeaker, "Attention! We have the first woman finisher of the 6K arriving now!" I was shocked as heads turned my way and almost stopped to see who they were talking about. I was alone. I crossed the line, winning my first race, ever. A little 6K race.

Abruptly I was surrounded by race officials asking for my name and registration.
"You are kidding me, right?" I said.
"No, you won. Congratulations!"

I think it is because all my competition slept in that morning, not the least of which the three other women in our running group who are super fast. But as Luciano said,
I got out of bed and that made all the difference."

san fior 6k
(foto cortesia di Erik)

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Billy Mills, Tokio 1964
L'avevo pubblicato a suo tempo all'interno di una compilation, ma merita la visione privata. Ne approfitto per dire che ho visto il film "Running Brave", tratto dalla storia di Billy Mills, e purtroppo devo dire che non è proprio entusiasmante, anzi. Si può perdere.

Il filmato che segue no, invece. Commento audio, come si diceva, da pelle d'oca.

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Il profumo del mosto addomesticato
Una volta quì era tutta campagna, e adesso ce n'è ancora tanta. L'odore dell'uva è riuscito a penetrare con decisione tra i residui che una sosta prolungata in aereo lascia nelle cavità nasali.

Dopo le circa 21 ore, da porta a porta, e lo spacchettamento dei bagagli, si è infatti colta l'occasione per una sgambata attorno casa.

Ricollegandoci ai temi della
battaglia dei sensi citata qualche giorno fa, oltre agli odori diversi e conosciuti, non ho notato variazioni nella temperatura quanto nella consistenza dell'aria, decisamente più difficile da fendere a Mareno di Piave, Italia, che non a Berkeley, California.

L'erba e l'asfalto sono piu' morbidi, le zanzare e i cani più aggressivi.

Così, giusto per una riflessione su quanto siamo fortunati come podisti, a poter uscire e prenderci qualche ora d'aria, anche se non si muove e si può quasi toccare.
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Addio ai monti
E oggi per l'ultima corsa prima del ritorno in Italia si è scelto il familiare Tilden Park.

Familiare neanche tanto visto che non più tardi di sabato vi ho scoperto un sentiero nuovo. Uno di quelli che chiamo sentieri da bob. Un paio di chilometri in leggera discesa, con i tornanti dalle curve sopraelevate. Ma si può? Lo farei ogni cinque minuti.

Ho scelto gran parte dei miei passaggi preferiti, il giro della fattoria su sterrato tranquillo, la salita del Laurel canyon, spezzacuore e volontà un paio di mesi fa, ma adesso quasi amica, Nimitz Way con le foglie cadute dagli eucaliptus a formare un tappeto accogliente, si ha l'impressione di correre in una caramella balsamica. Poi il peak trail con la salita gaussiana, che fa sempre impressione dirlo, anche se non c'entra, e il sentiero da bob, volato con un sorriso stampato, che neanche il Celentano dei tempi d'oro. Il finire sullo sterrato di rientro dal Wild Cat Creek canyon, pianuroso al punto giusto per l'ultima progressione.

Tre quarti d'ora, il minimo per un saluto come si deve. Mi mancherà.
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Redwood Park 30k - Oakland
Un agosto senza lunghi, lunghi, mi aveva messo un po' di preoccupazione per l'ecomaratona dei Cimbri, prevista tra due settimane.

Del resto con la politica del "non si corre su un dolore localizzato", se qualcosa fa male, il chilometraggio a breve termine ne risente. Non così quello a lungo, ma è un altro discorso.

Con la creatività che contraddistingue il podista non professionista, ho piazzato un collinare di 2h45' il giorno prima di questa 30 chilometri, e poi mi sono seduto in una poltroncina di prima fila per assistere allo spettacolo delle mie reazioni.

Tutto quello che serviva è venuto fuori, nessun risentimento prima, durante e dopo la gara, stanchezza ragionevole superata, con piacevole sopresa, grazie ad una mente motivata e non remissiva. Lieve errore di valutazione sull'acqua, terminata una decina di minuti prima del dovuto.

Per il resto, giornatona, il percorso si snoda tra sequoie, altissime e ombreggianti, e sterrati polverosi e simil desertici. Il tutto scorrevole e senza tratti tecnici con difficoltà particolari.

La stanchezza mi ha penalizzato soprattutto sulle salite ripide, ma le discese sono state una poesia.

Vista la natura del terreno, collinare e con pochi tratti rettilinei, gli avversari non erano visibili che all'ultimo. Ben prima però si cominciava percepire un odore di terra, poi si iniziava a vedere la polvere che si stava adagiando, e così via in un crescendo di stimoli sensoriali fino a che arrivava la visione fisica di chi mi precedeva e quindi il sorpasso. E via di nuovo ad annusare l'aria. Una battaglia dei sensi.

In salita/pianura invece tutta una famiglia, con tempi di sorpasso che consentivano uno scambio dei dati anagrafici essenziali e qualche battuta sul curriculum gare, sulla bellezza dei dintorni, o sulla temperatura insolitamente alta per la zona.
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