Lago morto, Vittorio Veneto
25/09/06 09:42 | corsi e ricorsi | Permalink
Il giro del lago morto dura una mezzoretta di sentieri ondulati, piacevoli al tatto e alla vista.
Dopo alcune settimane di passione per un disturbo ad un tendine, una corsa quasi senza fastidi viene accolta come una benedizione.
Dopo alcune settimane di passione per un disturbo ad un tendine, una corsa quasi senza fastidi viene accolta come una benedizione.
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HARRIERS - The making of a championship cross country team
di Joseph Shivers & Paul Shivers
La storia, raccontata da due dei protagonisti, di un paio di stagioni della squadra di corsa campestre di una scuola superiore dell'Ohio.
Avvincente come un romanzo, bella descrizione dei personaggi e delle competizioni. Mi ha riportato a situazioni vissute in prima persona come atleta e come allenatore.
Era un po' che cercavo un libro che parlasse di corsa senza essere un manuale tecnico. Pare ce ne siano, là fuori, e questo è senz'altro uno di quelli buoni.
La storia, raccontata da due dei protagonisti, di un paio di stagioni della squadra di corsa campestre di una scuola superiore dell'Ohio.
Avvincente come un romanzo, bella descrizione dei personaggi e delle competizioni. Mi ha riportato a situazioni vissute in prima persona come atleta e come allenatore.
Era un po' che cercavo un libro che parlasse di corsa senza essere un manuale tecnico. Pare ce ne siano, là fuori, e questo è senz'altro uno di quelli buoni.
geni del marketing
21/09/06 08:06 | sempreverdi (ispirazione) | Permalink
E allora,
solo un genio, oppure un demente, può pensare di pubblicizzare un paio di scarpe elogiando il fatto che è meglio andare scalzi.
Siccome le scarpe in questione si vendono come il pane è lecito accreditare il suddetto della prima definizione.
grazie a barefoot ted per la segnalazione.
Aggiornamento:
siccome alla fine poi le ho comprate, le free, mi vien da dire che i personaggi all'ufficio marketing della Nike sono ancora più bravi di quello che pensassi.
Perché se l'avampiede gode di una libertà e flessibilità poche volte provate dentro una calzatura, il tallone è abbastanza sollevato da terra, in posizione che poco ha a che vedere con il piede nudo.
Di certo la libertà è superiore ad una scarpa media, ed è un prodotto ovviamente destinato a finire nella collezione di chi possiede scarpe, non certo di chi viaggia felice a piedi nudi.
Ma, forse, se si vuole iniziare una rivoluzione, è meglio partire da qualcosa di simile a quello che già esiste ed ha successo.
convocazioni
20/09/06 08:14 | cosa vuoi fare da grande? | Permalink
Facciamo che eravate l'allenatore di una squadra di atletica.
Dovete fare le convocazioni per la gara dei 3200m, avete tre atleti di valore simile e solo due posti a disposizione.
L'allenatore di questa storia comunicò ai tre atleti che la scelta sarebbe stata fatta sulla base dei risultati di due gare.
Ecco come è andata:
gara 1
B 10.04
C 10.07
A 10.15
gara 2
A 10.07 (per un soffio)
C 10.07
B 10.18
Siccome si è trattato in sostanza di un pareggio l'allenatore decise di convocare A e B sulla base dei personali che erano:
A 10.01
B 10.04
C 10.07
In effetti non era una situazione facile.
Certo che se io fossi stato C non sarei stato felice della scelta. Avevo dimostrato di poter correre in entrambe le gare a livello del mio personale, facendo quindi ritenere che avrei potuto correrne una terza sullo stesso livello.
Seconda cosa il criterio di convocazione dovrebbe essere chiaro ed esente da interpretazioni. Se viene detto che si decide in base alle due gare si decide in base a quello e non, improvvisamente, sulla base di altro criterio.
Va detto che io sono a favore del potere assoluto dell'allenatore, il quale non dovrebbe essere tenuto ad effettuare trials per le convocazioni. La sua conoscenza degli atleti dovrebbe essere tale da consentirgli di prevedere come questi si comporteranno, mediamente, in una gara.
E' anche vero che magari le convocazioni sono fatte da un Commissario Tecnico che non vede quotidianamente gli atleti.
Alla fine, però, una volta che si dichiara un criterio di convocazione diverso dal "decido io" ci si dovrebbe attenere.
Dovete fare le convocazioni per la gara dei 3200m, avete tre atleti di valore simile e solo due posti a disposizione.
L'allenatore di questa storia comunicò ai tre atleti che la scelta sarebbe stata fatta sulla base dei risultati di due gare.
Ecco come è andata:
gara 1
B 10.04
C 10.07
A 10.15
gara 2
A 10.07 (per un soffio)
C 10.07
B 10.18
Siccome si è trattato in sostanza di un pareggio l'allenatore decise di convocare A e B sulla base dei personali che erano:
A 10.01
B 10.04
C 10.07
In effetti non era una situazione facile.
Certo che se io fossi stato C non sarei stato felice della scelta. Avevo dimostrato di poter correre in entrambe le gare a livello del mio personale, facendo quindi ritenere che avrei potuto correrne una terza sullo stesso livello.
Seconda cosa il criterio di convocazione dovrebbe essere chiaro ed esente da interpretazioni. Se viene detto che si decide in base alle due gare si decide in base a quello e non, improvvisamente, sulla base di altro criterio.
Va detto che io sono a favore del potere assoluto dell'allenatore, il quale non dovrebbe essere tenuto ad effettuare trials per le convocazioni. La sua conoscenza degli atleti dovrebbe essere tale da consentirgli di prevedere come questi si comporteranno, mediamente, in una gara.
E' anche vero che magari le convocazioni sono fatte da un Commissario Tecnico che non vede quotidianamente gli atleti.
Alla fine, però, una volta che si dichiara un criterio di convocazione diverso dal "decido io" ci si dovrebbe attenere.
atteggiamenti positivi
06/09/06 16:59 | sempreverdi (ispirazione) | Permalink
Ieri su Discovery Channel ho visto un documentario sugli ippopotami.
Sembra che nel passato fossero piuttosto piccoli e vivessero sulla terra ferma.
Per esigenze di difesa pare che, nel corso dell'evoluzione, si siano spostati in acqua e abbiano acquisito la ragguardevole stazza che li caratterizza.
A dispetto della nuova situazione, però, hanno mantenuto l'atteggiamento apprensivo e piuttosto incline alla violenza che li caratterizzava quando erano delle prede appetibili e di facile conquista.
Questo, oltre a mantenerli piuttosto in basso nella classifica dei potenziali animali da compagnia, li ha portati più volte sulle pagine delle cronache per assalti ad umani che, per scelta o distrazione, hanno invaso il loro spazio sociale.
Mi ha colpito la storia di un tizio che è riuscito ad evadere dalle attenzioni di un ippopotamo trascinandosi in qualche modo a riva dopo essere stato sbatacchiato ben bene.
Al momento del check up su come era andata ha controllato il braccio sinistro, che non sentiva più, ed in effetti mancava all'appello. "Oh, oh, non sento neanche il destro" e si è girato con esitazione per scoprire con sollievo che era ancora li. Ha provato a muovere le dita, che hanno reagito allo stimolo, e si è detto "fiù, meno male, ho perso solo un braccio".
Dal punto di vista del mezzofondo e del fondo un atteggiamento come quello dell'umano citato senz'altro aiuta meglio a superare i momenti difficili (che, immancabilmente, si presentano) rispetto a quello dell'ippopotamo rimasto fermo su schemi mentali che non rispecchiano la realtà dei fatti.
Per quanto riguarda invece la velocità non ci si può esimere dal segnalare che un ippopotamo medio può raggiungere anche velocità vicine ai 50 km/h su brevi distanze.
Sembra che nel passato fossero piuttosto piccoli e vivessero sulla terra ferma.
Per esigenze di difesa pare che, nel corso dell'evoluzione, si siano spostati in acqua e abbiano acquisito la ragguardevole stazza che li caratterizza.
A dispetto della nuova situazione, però, hanno mantenuto l'atteggiamento apprensivo e piuttosto incline alla violenza che li caratterizzava quando erano delle prede appetibili e di facile conquista.
Questo, oltre a mantenerli piuttosto in basso nella classifica dei potenziali animali da compagnia, li ha portati più volte sulle pagine delle cronache per assalti ad umani che, per scelta o distrazione, hanno invaso il loro spazio sociale.
Mi ha colpito la storia di un tizio che è riuscito ad evadere dalle attenzioni di un ippopotamo trascinandosi in qualche modo a riva dopo essere stato sbatacchiato ben bene.
Al momento del check up su come era andata ha controllato il braccio sinistro, che non sentiva più, ed in effetti mancava all'appello. "Oh, oh, non sento neanche il destro" e si è girato con esitazione per scoprire con sollievo che era ancora li. Ha provato a muovere le dita, che hanno reagito allo stimolo, e si è detto "fiù, meno male, ho perso solo un braccio".
Dal punto di vista del mezzofondo e del fondo un atteggiamento come quello dell'umano citato senz'altro aiuta meglio a superare i momenti difficili (che, immancabilmente, si presentano) rispetto a quello dell'ippopotamo rimasto fermo su schemi mentali che non rispecchiano la realtà dei fatti.
Per quanto riguarda invece la velocità non ci si può esimere dal segnalare che un ippopotamo medio può raggiungere anche velocità vicine ai 50 km/h su brevi distanze.
Redwood Park, Oakland, 27 agosto
01/09/06 23:34 | corsi e ricorsi | Permalink
Scegliendo accuratamente le gare può capitare di lottare per le prime posizioni. Con i forti tutti impegnati dai 20km in su (un trail runner "vero" neanche parte se deve fare meno di 20/25 chilometri) , la 10km era preda abbastanza facile per un piazzamento.
Un test cercato, e molto interessante, per vedere come cambi l'atteggiamento mentale rispetto alla tipica gara contro se stessi nelle posizioni di retrovia.
Perché, sì, a volte ti metti a gareggiare con i vicini, ma, ammettiamolo, tra l'arrivare 398mo o 399mo non è che ti cambi il mondo, tra secondo e terzo, neanche, però, dai, un po' sì.
Nelle gare normali, a fine gruppo, giusto giusto ti preoccupi se quelli appena davanti utilizzeranno gli ultimi bicchieri puliti rimasti al ristoro. Di più non riesco ad incattivirmi.
Tornando alla competizione,
col primo involatosi dopo un paio di chilometri, era il terzo concorrente a preoccuparmi, una ragazza bionda e slanciata.
Quei cento metri circa di vantaggio, che mantenevo non senza un certo sforzo, erano piuttosto elastici. La tenace creatura, non priva di grazia, era come un piccolo carroarmatino, velocità costante, guadagnava in salita, perdeva in pianura e discesa. Dopo aver speso un po' di tempo a studiarla, da un punto di vista agonistico, sia chiaro, ho cercato di guadagnare il più possibile in modo da non fornire un bersaglio motivante. La mia maglietta verde marcio (riferito solo al nome del colore) mi ha senz'altro facilitato rispetto al suo arancione squillante ben visibile.
La svolta della competizione è avvenuta poco prima della parte centrale della gara. Un "buontempone" aveva pensato bene di asportare le segnalazioni su quella parte del percorso. Il primo concorrente, che ormai immaginavo nei pressi delle abbondati libagioni all'arrivo, è ricomparso alla mia vista correndomi incontro e dicendomi che probabilmente avevamo sbagliato strada.
Allora:
non mi alleno a sufficienza, e non sono di certo Steve Ovett, per quanto una certa somiglianza mi dicevano ci fosse, però avevo fatto i compiti: studiato la mappa del percorso, l'andamento del dislivello, il nome dei sentieri e quanto dovevamo stare in ognuno e se le svolte erano a destra o sinistra.
Fosse stato una gara orale invece che podistica li avrei stracciati tutti, anche le gazzelle delle distanza superiori.
Attribuisco quello che è successo in seguito alla mia fibra morale superiore, più che ad un momento di mancanza di lucidità: ho rassicurato il primo che eravamo sulla retta via.
Devo essere sembrato convincente perché si è girato, e nel giro di pochi metri, è di nuovo scomparso leggero e, apparentemente, senza faticare. Io ho continuato a salire iperventilando rumorosamente.
La mia avversaria del giorno, intanto, non compariva più, inquietante ed inesorabile macchia arancione tra tronchi e cespugli. Scoprirò in seguito che ha avuto delle indecisioni su un paio di bivi ed è stata salvata da un'altra "studiosa" che viaggiava poco dietro.
A meri fini motivazionali mi ero però convinto che la mia tattica di forzare l'andatura per portarsi fuori vista stava dando frutti, e così ho scollinato al km 5,5 consapevole che adesso eravamo nel mio terreno. Da quel momento in poi è stata, letteralmente, tutta discesa fino all'arrivo, dove sono giunto un po' spaesato: cibo e bevande erano a malapena intaccati, in giro non c'era quasi nessuno, il parcheggio era ancora pieno.
Non sono scene cui sono abituato.
Il primo mi ha poi ringraziato per averlo salvato. Quando è arrivata la mia rivale, che ha mantenuto la terza posizione, non sono stato degnato di uno sguardo. Mi è parso evidente come la fiera competizione fosse un film di cui ero stato l'unico spettatore.
Ma che emozione.
Ok, adesso basta per un po' con le prove massimali. La prossima sarà probabilmente la visita medica. Quella dozzina di minuti sulla cyclette è decisamente la prova più dura dell'anno. L'unica per la quale mi prepari con una certa serietà.
Un test cercato, e molto interessante, per vedere come cambi l'atteggiamento mentale rispetto alla tipica gara contro se stessi nelle posizioni di retrovia.
Perché, sì, a volte ti metti a gareggiare con i vicini, ma, ammettiamolo, tra l'arrivare 398mo o 399mo non è che ti cambi il mondo, tra secondo e terzo, neanche, però, dai, un po' sì.
Nelle gare normali, a fine gruppo, giusto giusto ti preoccupi se quelli appena davanti utilizzeranno gli ultimi bicchieri puliti rimasti al ristoro. Di più non riesco ad incattivirmi.
Tornando alla competizione,
col primo involatosi dopo un paio di chilometri, era il terzo concorrente a preoccuparmi, una ragazza bionda e slanciata.
Quei cento metri circa di vantaggio, che mantenevo non senza un certo sforzo, erano piuttosto elastici. La tenace creatura, non priva di grazia, era come un piccolo carroarmatino, velocità costante, guadagnava in salita, perdeva in pianura e discesa. Dopo aver speso un po' di tempo a studiarla, da un punto di vista agonistico, sia chiaro, ho cercato di guadagnare il più possibile in modo da non fornire un bersaglio motivante. La mia maglietta verde marcio (riferito solo al nome del colore) mi ha senz'altro facilitato rispetto al suo arancione squillante ben visibile.
La svolta della competizione è avvenuta poco prima della parte centrale della gara. Un "buontempone" aveva pensato bene di asportare le segnalazioni su quella parte del percorso. Il primo concorrente, che ormai immaginavo nei pressi delle abbondati libagioni all'arrivo, è ricomparso alla mia vista correndomi incontro e dicendomi che probabilmente avevamo sbagliato strada.
Allora:
non mi alleno a sufficienza, e non sono di certo Steve Ovett, per quanto una certa somiglianza mi dicevano ci fosse, però avevo fatto i compiti: studiato la mappa del percorso, l'andamento del dislivello, il nome dei sentieri e quanto dovevamo stare in ognuno e se le svolte erano a destra o sinistra.
Fosse stato una gara orale invece che podistica li avrei stracciati tutti, anche le gazzelle delle distanza superiori.
Attribuisco quello che è successo in seguito alla mia fibra morale superiore, più che ad un momento di mancanza di lucidità: ho rassicurato il primo che eravamo sulla retta via.
Devo essere sembrato convincente perché si è girato, e nel giro di pochi metri, è di nuovo scomparso leggero e, apparentemente, senza faticare. Io ho continuato a salire iperventilando rumorosamente.
La mia avversaria del giorno, intanto, non compariva più, inquietante ed inesorabile macchia arancione tra tronchi e cespugli. Scoprirò in seguito che ha avuto delle indecisioni su un paio di bivi ed è stata salvata da un'altra "studiosa" che viaggiava poco dietro.
A meri fini motivazionali mi ero però convinto che la mia tattica di forzare l'andatura per portarsi fuori vista stava dando frutti, e così ho scollinato al km 5,5 consapevole che adesso eravamo nel mio terreno. Da quel momento in poi è stata, letteralmente, tutta discesa fino all'arrivo, dove sono giunto un po' spaesato: cibo e bevande erano a malapena intaccati, in giro non c'era quasi nessuno, il parcheggio era ancora pieno.
Non sono scene cui sono abituato.
Il primo mi ha poi ringraziato per averlo salvato. Quando è arrivata la mia rivale, che ha mantenuto la terza posizione, non sono stato degnato di uno sguardo. Mi è parso evidente come la fiera competizione fosse un film di cui ero stato l'unico spettatore.
Ma che emozione.
Ok, adesso basta per un po' con le prove massimali. La prossima sarà probabilmente la visita medica. Quella dozzina di minuti sulla cyclette è decisamente la prova più dura dell'anno. L'unica per la quale mi prepari con una certa serietà.
Non provatelo a casa
01/09/06 05:21 | cosa vuoi fare da grande? | Permalink