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Oct 2006
Salgareda
10km un po' sofferti, tra preoccupazioni per un tendine che avrebbe potuto far male, voglie di fermarsi e guizzi d'orgoglio. Alla fine ne è uscito un ritmo impensabile, in questi giorni.

Il tutto in attesa di un pomeriggio che poi si è rivelato ben diverso da quanto si potesse immaginare (leggi motoGP).

Eviterei ogni commento.
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ChiWalking
Danny, Danny, Danny (Dreyer),

ti ho sostenuto col ChiRunning, perché ritenevo, e continuo a farlo, che ci fossero delle idee interessanti.

Con questo ChiWalking invece mi pare si voglia solo cavalcare l'onda di un successo. Perdìo, farà anche bene, ma non puoi fare un intero libro dicendo ogni tre per due che camminare, se fatto con i crismi ChiWalking (r), è la miglior cosa che possa capitarci per cardiocircolazione, flessibilità, muscoli e quant'altro si possa mettere su un marciapiede a deambulare.

Sei un signor venditore. Ti mandassero in Alaska in gennaio con un cubo di ghiaccio torneresti a casa con la valigetta piena di ordini.
E, ripeto, il ChiRunning, ha qualcosa da dire, ma 'sta storia del camminare per oltre 200 pagine non l'ho proprio mandata giù, perché ci stava comodamente tutto in un articolo da 3/4mila parole.

E ti avrei detto bravo e pure sparso il verbo.

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Ove la notizia fosse scivolata via senza essere vista
Robert Cheruiyot vince la Maratona di Chicago in 2h07 e spiccioli, un tempo di tutto rispetto, che non è però il motivo per cui Robert passerà alla storia.



Segnalazione tratta da
CNN e Sportsillustrated.
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L'uomo di marketing e la variante migliore

nike

Se l'avessi saputo, che c'era lei al Louvres, mica l'avrei chiesto di vedere il Nike Store.

E' proprio splendida, per quanto il Mercurio, con le cavigliette alate, non ci farebbe proprio una brutta figura quì. Ma era in una zona in cui non si potevano fare foto.

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A chi fosse sfuggito
Scott Jurek, già 7 volte consecutive vincitore della Western States (100miglia, che in cifre fa quasi 161km, e che per l'ultra trail è un po' come le maratone di Boston e New York messe assieme), ha vinto la Spartathlon, 245km in Grecia, con il tempo di 22h52'18".

In questo momento non sono nella condizione psicologica di guardare la TV sul divano per 22 ore consecutive, lasciando stare i rotti che fa quasi 23.

A Scott però due righe gliele dedichiamo. Non è uomo di Marketing per cui il grosso della pubblicità gliela fa la comunità dei trail runner.

Per dire, si conosce più
Dean Karnazes, "solo" perché arriva in fondo alla Badwater, del buon Jurek che l'ha vinta negli ultimi due anni.

Intendiamoci, a me Dean sta simpatico, ma agonisticamente non c'è paragone.

E sempre a chi fosse sfuggito, nella stessa Spartathlon, in 30h15'43", è arrivato 16mo, ma primo degli ultracinquantenni (!), il coriaceo Piemontese Livio Tretto, risorto dopo un periodo tribulato a causa di infortuni.

Livio è autore della
frase memorabile, che quì riporto a futura memoria:

"Sì, è vero... forse... ma avrebbero dovuto spararmi nella schiena"

Siamo oltre l'ottantacinquesimo chilometro e una piccola discesa mi concede una pausa, alla fine di questa trovo Fulvio (Massini) che mi chiede se serve qualcosa: rispondo bruscamente "Si!
Voglio arrivare alla fine".
Solo due piccolissimi chilometri mi separano dal traguardo, lassù; in alto "tra le nuvole" si intravedono le mura del borgo. Ai piedi della salita finale un bel gruppo di persone a tifare Italia e della musica a tutto volume mi danno la carica: aggredisco la salita e faccio almeno trecento metri a tutta ma poi il dolore lancinante mi riporta a ritmi più consoni alla situazione.
Vedo il cartello dell'ultimo chilometro e vicino immobile ad osservarmi un tizio mascherato da nostra signora morte con tanto di mantello nero, maschera e falce.
Sorpreso, dopo un instante di smarrimento mi avvicino alla sagoma e le sorrido. "Non è ancora arrivato il momento, mi dispiace...".
Forse un ubriaco avrebbe tagliato il traguardo in maniera più decorosa: vorrei chinarmi per baciare il tricolore steso sulla linea d'arrivo da tifoso ma decido di non rischiare e il bacio lo indirizzo con il palmo della mano.

Sul lettino del massaggiatore Giovanni mi confida che Massini negli ultimi chilometri pensava che non potessi farcela. Sì, è vero... forse... ma avrebbero dovuto spararmi nella schiena.

Tempo finale: sette ore e quarantadue minuti. Posizione: 27° generale (secondo degli italiani)."

"I miei 100km (2): il clone" di Livio Tretto, 8 maggio 2000"
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Giro della piana sernagliese
penalizzata dalla concomitanza con la "professionale" Cimetta, la gara di Sernaglia non raccoglie i partecipanti dei tempi migliori.
E' un peccato perché è una gara ben organizzata con un percorso vario e scorrevole.
Mi sarebbe piaciuta comunque, ma siccome mi sentivo leggero e performante come la moto di Hayden ieri, e non c'erano Pedrosa in giro, mi è piaciuta ancora di più.
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Il ponte tibetano (*)
In Agosto, complice un dolorino al tendine d'achille destro, ho cominciato a fare qualche mini allungo scalzo, visto che non mi creava problemi.

Ho iniziato al campetto di calcio vicino casa con tre o quattro allunghi di corsa lenta su 40 metri. Di fare di più non se ne parlava. Voglio dire, ho speso degli inverni senza praticamente mai andare a piedi nudi, se si eccettua il breve tragitto camera bagno del primo mattino e prima di coricarsi. E in estate non è che andasse tanto meglio.

Comunque ho incrementato gradualmente e oggi riesco a fare una mezzoretta alternando corsa e cammino. Su asfalto ed erba non ho grossi problemi ma, fino ad oggi, nel mio giretto standard (che per il resto è l'ideale mix di terreni piacevoli) c'era un ostacolo quasi insuperabile, un pezzetto di strada sterrata, un centinaio di metri non di più, con ghiaia, molta ghiaia.
Migliaia di sassolini puntuti.
Un incubo.
L'ho sempre attraversata a tappe. Pochi barcollanti passi in apnea, pausa sull'erba a lato per il recupero, e la necessaria scorta di ossigeno, e via così fino alla fine.

Oggi ero pronto all'ennesima tortura quando, inspiegabilmente, i primi passi non sono stati affatto dolorosi. I sassi erano lì, ma li percepivo più che soffrirli, e così ho percorso tutti i cento metri andata e ritorno.

Ok, verso la fine del ritorno l'andatura era un po' meno dignitosa.

Resta comunque un piccolo passo per l'umanità, ma un grande passo per me.

Onestamente non ci pensavo neanche come obiettivo al momento, per quanto l'immagine, di trent'anni fa circa, del mio vicino che correva sull'allora strada sterrata di fronte a casa mia, come niente fosse, è stampata a fuoco tra le mie memorie di bambino.


(*) il titolo è riferito al film "Uomini duri" con Pozzetto e Montesano, in cui un ponte tibetano di corde, che Pozzetto non riesce a superare, è posto come metafora dei piccoli e grandi ostacoli che incontriamo nella vita.
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Vesciche
Parliamo di vesciche. Non esattamente il tipo di argomento che può renderti popolare alle feste. A meno che il pubblico non sia costituito da runner, nel cui caso anche un'unghia blu può coprire una porzione sostanziosa della serata.

Vesciche, dicevo, quello bolle fastidiose che compaiono a causa di frizioni e per le quali ci sono le teorie più varie, sulla scarpa, il calzino, il piede trattato con emollienti.

Ci riflettevo oggi, notando che da circa tre anni sto curando particolarmente la tecnica di corsa, e da circa tre anni non ho praticamente vesciche.

Non che prima ne fossi martoriato, ma ogni tanto la bolla malefica compariva, a dispetto di calzini supertecnici, piedi che potevano essere utilizzati come modelli per qualche pubblicità di crema idratante, e scarpe "giuste" (taglia, modello e quant'altro).

La teoria che ho quindi formulato oggi è che la vescica nasca, principalmente, da una azione di corsa non corretta.

Ero così preso dalla mie riflessioni che ho dato poco peso al fatto che, proprio oggi, non stessi correndo particolarmente bene.
Me ne rendevo conto, ma ero così soddisfatto delle mie conclusioni che ho registrato la cosa senza apportare correzioni.

E poco prima di arrivare a casa un puntino al centro dell'avampiede, che dapprima avevo attribuito ad un detrito insinuatosi sotto pelle, si è trasformato in una bollicina rossastra e con un po' di liquido. Proprio lei, una vescichetta.

E la causa non può essere attribuita a scarpe o calzini perché ero scalzo. Però sentivo chiaramente che i piedi scivolavano leggermente in fase di spinta, cosa che nelle precedenti sedute non facevano, permettendomi di muovermi su erba e asfalto senza traumi.

Ennesimo promemoria che anche una grande teoria, se non viene messa in pratica, non va molto lontano.

P.S.: a mente fredda mi rendo conto che l'assenza di vesciche non implica necessariamente che corriate bene. La teoria resta valida per il contrario, almeno fino al prossimo aggiornamento.
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Orsago, Marcia dei Castelli
In sostanza un festival dei luoghi comuni: colori brillanti e aria tersa di un ottobre non imbronciato, percorso tra colli, vigne, case coloniche e ville, ristori abbondanti e a trattamento familiare (compresa zuppa di fagioli e cotechino).

Sono i giorni in cui ti rendi conto del perché l'Italia sia famosa nel mondo e molti sognino di trasferircisi.
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PAIN di Dan Middleman
E secondo me ha ragione Erica Jong quando dice che nei romanzi puoi dire cose che non ti è permesso dire nelle autobiografie.

In questo romanzo Middelman traccia un ritratto di mezzofondisti quasi d'elite, gente ai vertici delle classifiche universitarie e in lotta per una qualificazione ai trials olimpici.

Con contorno di feste, birra, e una storia d'amore sofferta.

Ne escono delle riflessioni piuttosto amare sulla vita degli atleti da parte di un autore che ha partecipato ai 10.000 olimpici nel 1996.

Un libro altamente avvincente e deprimente.
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