Una significativa deriva a sinistra
In ogni caso si è usciti un paio di volte. Un Caorle di giochi nell’acqua e un Revine di mantenimento.
In quest’ultimo caso anche di scoperta, poco piacevole, che se pagaio a destra tendo ad andare meno dritto. Il cambio di traiettoria è più netto. Da dentro sembra stia facendo le stesse cose, almeno in senso posturale. Viene il dubbio possa essere la quantità di forza applicata.
Necessitiamo di ulteriori dati, speriamo in una pausa delle precipitazioni coincidente con una mezza giornata libera. Uno ha il diritto di sognare.
Aggiungo un breve video SOOC dell’ultima uscita di Revine. Il canale di collegamento tra i due laghi, molto caratteristico, richiama visioni di paludi del sud-est degli Stati Uniti. Non che ci sia mai stato.
...tutta una tirata, da Piumazzo a Sant’Anna Pelago.
Questa posa si chiama Seduto sulla Sponda del Pickup
È ispirata da ricordi dei surfisti di Rodeo Beach 🥺. Vabbè, ovvio l’atteggio. Se la chiamavo riposo sul pianale del Doblò non era la stessa cosa (massimo rispetto per il Doblò, veicolo pratico e spazioso). Nel complesso, comunque, comoda.
La foto è stata fatta al lago del Corlo dove, viste le previsioni solari e l’ambiente familiare, si è deciso di tornare. Certo che l’acqua del lago è di una calma che io neanche nei giorni migliori. La tavola scivola in silenzio e, per qualche istante, dimentichi la cacofonia di essere umano.
Abbiamo esplorato la sezione nord. Meno anfratti, ma comunque pareti a picco, roba da fiordi norvegesi. Credo. Ne sarei sicuro, se quella volta non mi fossi fatto convincere dalla mia agente di viaggio che ero troppo giovane per una crociera alla scoperta dei famosi bracci di mare scandinavi.
Ho fatto 50 piegamenti in due serie da 5 e quattro da 10. Ho anche spinto un po’, qualche centinaio di metri, “a tutta”, in cui avanzavo con, relativa, velocità. Son soddisfazioni. Nello sforzo sostanzioso c’è qualcosa che gratifica a livello primordiale. Forse memorie di migliaia di anni fa, quando inseguivamo una antilope ferita nell’immensa savana africana, sotto sotto bestemmiando per aver saltato tutti quegli allenamenti con l’arco.
Alla fine, però, il grande momento che tutti (?) aspettavamo: indossato cuffia e occhialini e provato a spostare i piedi. Come da istruzioni, contemporaneamente alla pagaiata, punta del piede anteriore verso il centro, alla successiva piede posteriore dietro, qualche pagaiata così e poi in ginocchio. Fìu. Al successivo tentativo ho provato anche il rientro in piedi e lì ho perso l’equilibrio. Come da istruzioni sono caduto lontano dalla tavola, mi sono bevuto una mezza pinta di acqua di lago 😬 (questo non c’era nelle istruzioni), e sono risalito sulla tavola piuttosto velocemente (grazie esercitazioni di Caorle).
Dopo qualche altra pagaiata sono rientrato. I piedi alla fine li ho spostati, non avevo altro da dimostrarmi. La bevuta successiva è stata una birra.
Magari la storia che l’alcool disinfetti non è vera. Ma almeno dopo sei contento per una mezz’ora (in cui non dovevo andare da nessuna parte: drink responsibly).
Caorle, giochi d’acqua e il rischio di risvegliarsi a Lussino
Si è pure quasi dormito un po’. Steso a pancia in giù. Quelli che fanno yoga sulla tavola opportunamente si portano una o due ancore. Perché c’era un po’ di corrente. Fortunatamente non che portava al largo. Ché la Croazia non è poi così lontana.
Tutto questo mi ricorda quelle storie di procrastinazione produttiva, in cui ti inventi un sacco di attività per ritardare quella che invece dovresti fare.
Che poi non è che io abbia paura di cadere in acqua, è che non mi va di entrare in acqua, specialmente se non distillata. E mi sa che non ce n’è, raccolta in quantità che accolgano lo spostamento di liquido che causerei.
Quindi, per la prossima volta, si andrà con la strategia del togliere più scuse possibili. Rispolveriamo cuffia e occhialini.
Per il resto Caorle, in stagione, è abbastanza pratica. Ci sono i bagni e le docce all’aperto per risciacquare il materiale a fine uscita.
In ogni caso è sport di giornata. Nel senso che almeno una mezza giornata per seduta ti va via, e il resto ti accasci sul divano, esausto. Sarà l’età. Ma poi penso che era così anche per lo snowboard, venti e passa anni fa.
Principianza assoluta e principianza relativa
In ogni caso, quando sei principiante assoluto è elettrizzante il fatto che ogni giorno migliori. Ogni seduta senti che stai andando un po’ meglio di quella precedente. Ti senti un dio, e vedi il grafico che rappresenta il miglioramento con una linea che sale all’infinito. Un po’ come la strada che porta allo Stelvio.
Improvvisamente però, un giorno, esci e ti senti meno sicuro del solito. Forse non peggiorato, ma più o meno allo stesso livello. Sei diventato un principiante relativo. Ancora non sai abbastanza, ma quei miglioramenti esponenziali sono finiti. Entri nel circolo ‘lavori seriamente, per un po’, magari stai allo stesso livello e poi c’è un saltino, o salto, e poi torni stazionario’.
L’apprendimento non è lineare, e quindi devi portare pazienza e fidarti del processo di praticare consapevolmente. Prima o poi migliorerai, non necessariamente quando vuoi, o quanto vuoi. Ma migliorerai. Ne è testimonianza che cominci ad accorgerti delle cose che non vanno, scarsa attivazione addominale, fase attiva della pagaiata corta, e via di difetti che prima erano mascherati dalla nebbia del tutto nuovo, e contavi come progressi solo il fatto che cadevi un numero inferiore di volte.
E la consapevolezza dell’errore è il primo passo per poterlo correggere.
Oggi uscita di 2h20 al Lago del Corlo, ad Arsiè, vicino a Feltre. Esplorazione di quello che pensavo un laghetto e che invece si dimostrata una sinuosa messe di sorprese, compresa una doppia cascata nascosta dietro uno stretto passaggio nella roccia.
Ha anche appunto segnato il passaggio ufficiale al titolo di principiante relativo. Comincio a cogliere i difetti e, in qualche caso, sono in grado di effettuare piccoli aggiustamenti. Sono riuscito a fare micromovimenti dei piedi, ancora lontani da quelli che mi aspetto da me, ma comunque nella categoria dei ‘piccoli passi’, sempre foriera di guadagni nel medio e lungo termine 👍
Il Neoprene, questo sconosciuto
Nelle varie attività sportive che ho praticato il neoprene ha svolto, raramente, solo un ruolo marginale. Mi vengono in mente gli stivaletti per le scarpe da ciclismo.
Come avevo detto ho acquistato un gilet dell’Orca, il cui comfort per le zone delicate come addome e zona lombare ho già elogiato. In previsione di crolli sensibili della temperatura ho acquistato anche una maglia a manica lunga della Billabong, la revolution da 2mm (metto lo screenshot, ché il link mi sa che scomparirà)

Adesso che ho studiato un po’ ho capito che l’efficacia del materiale è incrementata se la vestibilità è aderente. E questa, aderente, lo è. La prima volta non sono riuscito ad indossarla da solo. Adesso che ho capito i trucchi ci riesco, quasi, con facilità. Bisogna ricordarsi che aggiustamenti, tipo maniche attorcigliate, non sono possibili al volo, per cui l’inserimento va curato con attenzione.
Fatto questo, una volta indossata, direi che comprime in modo piacevole e non costrittivo. Oggi pioveva, volevo andare a correre, e volevo fare il rodaggio di questa benedetta maglia.
E’ stata una breve corsa attorno casa, di più è sconsigliabile. Perché quello che rende il Neoprene favoloso in acqua, l’assenza di traspirabilità, può essere letale nella corsa.
Fatte queste premesse, e con la tristezza di chi sa che non potrà farlo frequentemente, è stato piacevolissimo. In nessun momento ho avuto freddo, o caldo, solo una costante, piacevole, sensazione di benessere. In realtà dentro sudi come un maiale, che non è bello se protratto a lungo.
Non so se in acqua sarà la stessa cosa. Comunque al momento ha passato l’esame a pieni voti.
Laghi di Revine. Alla fine, il salto, non l'ho fatto 😔
La location era di prim’ordine, poca gente, quasi nessuno, un piccolo molo in legno, l’aria rinfrescata da recenti temporali, l’acqua ancora ricca del tepore estivo.
In queste prime volte i miglioramenti sono sensibili ad ogni uscita. Sono stato in piedi molto più a lungo senza problemi. Ancora non sono riuscito a spostare i piedi. Penso sarà cosa di competenza di una giornata a Caorle senza le ond(in)e che caratterizzavano la scorsa settimana (la scusa ufficiale del rinvio). Comunque a secco lo faccio senza problemi e sento che è a disposizione, come movimento.
Le operazioni logistiche sono onestamente piuttosto laboriose. Non tanto il gonfiaggio (ottimo riscaldamento, in prospettiva di stagioni meno favorevoli), quanto preparazione, smontaggio e asciugatura. Anche qua, l’assetto psicologico fa la differenza: se lo vivi come parte dell’esperienza e non come lavoro in vista dell’uscita, te lo godi anche.
Spendo due parole di plauso al gilet heatseeker dell’Orca. Caldo senza mai essere fastidioso. A me piace avere il ‘core’ protetto. E il gilet ha fatto il suo lavoro in modo encomiabile. O magari è roba che fa qualsiasi capo in neoprene. Onestamente è il primo che uso.
Gong a secco
Ordinata il 17 da Gong, modello Chip 11, disponibile dal 21, spedita il 24, arrivata il 27, gonfiata oggi, in 10', ma posso scendere.
Comunque, 👍
Lago di Tenno
Che differenza rispetto al mare. Né onde né correnti da combattere. Poi, non so se fosse l’acqua o la tavola, ma le manovre erano tutte più veloci.
La confidenza è aumentata e non sono mai caduto/entrato in acqua.
Mi chiedo se nel medio/lungo termine la mia poca attrazione per l’acqua possa essere un problema. Ma, ripensando allo snowboard, ricordo che la neve era solo un mezzo. Mai vista come fine. Boh, a me del bagno al mare (o lago) preme ben poco. Magari cambierò idea.
In compenso mi piace un sacco che posso cambiare posizione e attività. Ho pagaiato, in piedi e in ginocchio, e ho fatto un po’ di yoga (downward dog e cobra. Bruttissimi).
Presto bisognerà cominciare a spostarsi sulla tavola.
Alex Honnold, per aspetti inerenti la questione psicologica
Lungi da me paragonarmi ad un atleta che ha compiuto una delle più grandi imprese a memoria d’uomo. Nel mio piccolo, raso terra o, meglio, a livello del mare, letteralmente, ho sperimentato uno dei problemi che Alex ha dovuto gestire.
Oggi ho fatto la prima uscita in solitaria (se si eccettuano le migliaia di persone che popolavano la spiaggia di Caorle, ma vabbè, comunque non erano lì per me). Ho noleggiato il SUP e sono uscito da solo. Niente insegnante, niente giubbotto di salvataggio, tavola da 10’6x32”, un po’ ballerina.
Eh, cambia la storia quando sai che è meglio se non sbagli. Si, ok, se cadevo in acqua probabilmente non sarebbe successo un granché, ma comunque non ho la confidenza assoluta di chi nuota e galleggia quotidianamente in acque profonde. E non sono quello che ‘andiamo in acqua a divertirci’. C’era sempre quel non so che che impediva di stare completamente rilassati.
Comunque ho provato un po’ di tutto, compreso dei piegamenti sulle braccia. In piedi ero più sicuro delle volte precedenti, anche se ho pagaiato poco. Insomma bene. In prospettiva.
Ho ordinato un aiuto al galleggiamento, versione ridotta di giubbotto salvagente. Non omologato per salvarti la vita se non collabori. Ma mi son detto che mi serviva più che altro un aiutino psicologico. Ho il leash, e le tavole che uso sono sui 300 litri. Per cui a fondo non vanno anche se mi ci aggrappo con veemenza
Vedremo. Intanto sono arrivate due nuove camere d’aria per gli esercizi a secco. Fiù, con questa storia dei tubeless non sapevo neanche se esistevano ancora. Ho quella di un trattorino e di una vespa 50. Quelle vecchie non tenevano neanche per tutta la durata della seduta. Bah, ho fatto anche un video dimostrativo
Allenamento a secco
In principio era il surf
Quelle cose che un bambino vede alla tv, in un mondo senza internet, e resta con gli occhioni spalancati sul precipizio di un mondo di sogni, fatto di eleganti discese liquide e scivolate dentro tubi infiniti.
Dal precipizio non si cade, visto che il bambino vive spiaccicato nel mezzo della pianura padana, dove le onde non si vedono nemmeno con il cannocchiale e, al mare, le nonne, iperprotettive, concedono 15 minuti cronometrati di giochi d’acqua.
Col crescere la situazione non migliora. La pianura è sempre asciutta, anche se nei dintorni qualcuno si azzarda a cavalcare onde mediterranee, quei cinque minuti all’anno in cui ci sono. Ma l’idea resta. Si surroga con skateboard e, più avanti, snowboard. Si vanno anche a vedere le tappe dei mondiali di persona. In Francia, sulla costa meridionale verso l’Atlantico. La California d’Europa, la definiva un articolo di rivista che ne parlava. E queste visite meritano tutta un’altra storia, magari più avanti.
In ogni caso si realizza in quei momenti che il grosso della vita di un surfista viene speso nuotando verso il largo, stesi sulla tavola, o centrifugati verso il fondo, con la tavola appesa ad una caviglia. Comunque sempre in acqua.
Il bambino cresciuto nella pianura padana non ha mai sviluppato l’acquaticità necessaria per uscire vincitore da un turbine di essenza dell’oceano. Forse neanche può aspirare ad un pareggio. China quindi il capo, vinto senza poter combattere una battaglia che, per avere risultati, dovrebbe essere quasi quotidiana. Impensabile dal basso della pianura e delle esperienze natatorie pregresse. Vabbè, lo snowboard era comunque divertente. In più, secondario, ma decisivo, un portatore di lenti a contatto vuole sempre tenere la testa fuor d’acqua, e quindi la rinuncia diventa completa.
Nel 2020 arriva però il Grande Esperimento Casalingo. Complice una perniciosa pandemia si sta a casa per qualche mese. Le lenti a contatto non si mettono e la vista migliora, o meglio, migliora la capacità di andare in giro senza usarle.
Improvvisamente l’idea di mettere, volontariamente o meno, la testa sott’acqua non è più oltraggiosa. E il bambino si ricorda del SUP (Stand Up Paddleboard), quel surf che ricorda i longboard, che poi erano i surf originali, in cui il surfista sta in piedi e avanza con l’aiuto di una lunga pagaia. Cessa la necessità delle onde, le cadute in acqua non sono il grosso dell’attività, e si può praticare anche nei laghi, la sua forma d’acqua preferita. Visitata di frequente nei tempi recenti. Adesso internet c’è, ci si trova di tutto, compresi istruttori locali, o quanto meno vicini. Forse non funzionerà ma almeno il tentativo s’ha da fare.
Wow, il mare di Caorle sembra calmo, ma le minuscole increspature della superficie, combinate con la rigidità del principiante assoluto, catapultano il novizio fuori del mezzo in ben più di un’occasione nella prima lezione. Lo stress più grande? La preoccupazione di perdere la pagaia, che fa dimenticare il fatto che per la prima volta, in 54 anni e rotti, si cade in acqua dove non si tocca (la piscina, si, vasche su vasche, ma puoi mettere giù i piedi quando vuoi, e comunque il muro è sempre a portata).
In ogni caso si sopravvive e dopo 48 ore ci si ripresenta. La pagaiata è più decisa e, nonostante le increspature siano percettibilmente più alte, si cade meno, si riesce in un’occasione anche a correggere un potenziale sbilanciamento. La maestra dice che la tecnica della pagaiata è buona, basta fare pratica nello stare in acqua.
Il bambino che non è mai stato surfista non vede l’ora, a questo punto, di provare ancora. Che bella la sensazione di non avere imparato tutto quello che si poteva imparare.
E anche quella di poter praticare quello che si sarebbe sempre voluto imparare.