Il punto della situazione
26/05/11 14:00 Filed in: corsi e ricorsi
Il punto più importante è, senz’altro, la proiezione a terra del baricentro.
Per stare in piedi deve cadere entro la zona che i piedi tracciano a terra, tutti ne sono più o meno consapevoli e la cosa è data per scontata.
Al mondo però di statico c’è sempre molto poco. In termini dinamici le cose cambiano un po’, per stare in piedi sempre lì deve cadere, il baricentro. Ma, importante, nel momento in cui lo spostiamo in avanti o indietro abbiamo un effetto caduta (in avanti) o seduta (indietro) che può essere sfruttato a nostro favore.
Siccome la proiezione a terra è difficile da vedere, e ci serve un riferimento pratico e di facile localizzazione, fissiamolo nell’ombelico. Proviamo a spostarlo mentre corriamo un po’ avanti rispetto al solito, e vediamo che succede. Si può provare anche indietro, sempre per vedere l’effetto che fa.
Non dico altro, le parole hanno poca presa su aspetti pratici come questo.
Altro punto riguarda il fatto che questa settimana si conclude il ciclo di trasmissioni intitolato “ai nastri di partenza”, andato in onda su Radio Conegliano da metà marzo, in cui si è parlato di corsa e dintorni e in cui ho fatto l’ospite tecnico.
L’ho fatto perché di corsa parlo volentieri a chi voglia ascoltare, ma ancora di più perché la radio impone ritmi e modi che mi sono estranei. Non ho grossi problemi a parlare in pubblico, perché posso valutarne reazione e gestirmi i tempi. In radio hai sezioni da 8/10 minuti in cui parli non si sa a chi, e se ti impaperi devi andare avanti comunque. Inoltre bisogna essere molto più bravi per dire una cosa in due minuti, che senza limiti di tempo.
Di incertezze e prestazioni inferiori alle, perlomeno mie, aspettative, ne ho prodotte più o meno ogni puntata. Ma ho fatto esercizio di ristrutturazione cognitiva (leggete sull’argomento “Resisto Dunque Sono” di Pietro Trabucchi, se non lo conoscete, conoscetelo. Leggete qualsiasi cosa abbia scritto Pietro, foss’anche la lista della spesa. Di sicuro c’è qualcosa da imparare) dicendomi che l’importante non era tanto quello che è successo ma la mia reazione all’evento e quello che potevo imparare dall’esperienza.
Non avessi fatto questo sarei a terra dondolante in posizione fetale, rimuginando sulle figuracce che ho fatto. Di queste mi scuso, ma ho cercato di non ripeterle e di rendere un servizio migliore agli ascoltatori la volta successiva. Se non ci sono riuscito mi scuso ancora, ma oltre certi limiti non dipende da me, l’ascoltatore deve riuscire a tirar fuori qualcosa di intelleggibile da quello che ho balbettato nei miei otto minuti della rubrica “punto della situazione”.
Non mi sto giustificando, è solo per far passare il concetto che l’unico modo per andare avanti in modo più o meno sereno è prendersi la responsabilità di quello che ci succede, perché se la deleghiamo ad altri saremo sempre in balìa di quello che fanno loro.
Per stare in piedi deve cadere entro la zona che i piedi tracciano a terra, tutti ne sono più o meno consapevoli e la cosa è data per scontata.
Al mondo però di statico c’è sempre molto poco. In termini dinamici le cose cambiano un po’, per stare in piedi sempre lì deve cadere, il baricentro. Ma, importante, nel momento in cui lo spostiamo in avanti o indietro abbiamo un effetto caduta (in avanti) o seduta (indietro) che può essere sfruttato a nostro favore.
Siccome la proiezione a terra è difficile da vedere, e ci serve un riferimento pratico e di facile localizzazione, fissiamolo nell’ombelico. Proviamo a spostarlo mentre corriamo un po’ avanti rispetto al solito, e vediamo che succede. Si può provare anche indietro, sempre per vedere l’effetto che fa.
Non dico altro, le parole hanno poca presa su aspetti pratici come questo.
Altro punto riguarda il fatto che questa settimana si conclude il ciclo di trasmissioni intitolato “ai nastri di partenza”, andato in onda su Radio Conegliano da metà marzo, in cui si è parlato di corsa e dintorni e in cui ho fatto l’ospite tecnico.
L’ho fatto perché di corsa parlo volentieri a chi voglia ascoltare, ma ancora di più perché la radio impone ritmi e modi che mi sono estranei. Non ho grossi problemi a parlare in pubblico, perché posso valutarne reazione e gestirmi i tempi. In radio hai sezioni da 8/10 minuti in cui parli non si sa a chi, e se ti impaperi devi andare avanti comunque. Inoltre bisogna essere molto più bravi per dire una cosa in due minuti, che senza limiti di tempo.
Di incertezze e prestazioni inferiori alle, perlomeno mie, aspettative, ne ho prodotte più o meno ogni puntata. Ma ho fatto esercizio di ristrutturazione cognitiva (leggete sull’argomento “Resisto Dunque Sono” di Pietro Trabucchi, se non lo conoscete, conoscetelo. Leggete qualsiasi cosa abbia scritto Pietro, foss’anche la lista della spesa. Di sicuro c’è qualcosa da imparare) dicendomi che l’importante non era tanto quello che è successo ma la mia reazione all’evento e quello che potevo imparare dall’esperienza.
Non avessi fatto questo sarei a terra dondolante in posizione fetale, rimuginando sulle figuracce che ho fatto. Di queste mi scuso, ma ho cercato di non ripeterle e di rendere un servizio migliore agli ascoltatori la volta successiva. Se non ci sono riuscito mi scuso ancora, ma oltre certi limiti non dipende da me, l’ascoltatore deve riuscire a tirar fuori qualcosa di intelleggibile da quello che ho balbettato nei miei otto minuti della rubrica “punto della situazione”.
Non mi sto giustificando, è solo per far passare il concetto che l’unico modo per andare avanti in modo più o meno sereno è prendersi la responsabilità di quello che ci succede, perché se la deleghiamo ad altri saremo sempre in balìa di quello che fanno loro.