Grand Raid Delle Prealpi Trevigiane (GPRTV) - Segusino TV
27/05/08 13:07 Filed in: corsi e ricorsi
Prima edizione, con scelta tra 34 e 59,7 chilometri.
Ho scelto la lunga, che oltre ai chilometri ha anche parecchi metri, 3445 per la precisione, di dislivello positivo. E c'erano tutti, in quattro dosi massicce, e altre di contorno.
C'era anche il dislivello negativo, perché si partiva ed arrivava più o meno alla stessa altezza. Quello si è percepito più alla fine, quando si precipitava da 1.700 a poco meno di 300 metri sul livello del mare in più o meno 8 chilometri.
Era un da quì a lì, da Segusino a Fadalto, seguendo quella linea di cresta che in genere serve a delineare confini e a rivelare panorami (e quì si parlerebbe di dolomiti e laguna veneta). Un percorso naturale, niente costrutti sintetici a fini agonistici o logistici, ideale per apprezzare la bellezza di questi luoghi, spesso dimenticati a favore di altri più rinomati.
Ma, intendiamoci, niente sconto sulle difficoltà. Di fatto le Prealpi non lo sanno che sono solo dei monti che preparano alle asperità vere, e si comportano da vere montagne, con pendii che si possono osservare da vicino, il suolo ce l'hai di fronte, più che sotto, in più di un tratto.
C'erano nuvole basse, che hanno nascosto le meraviglie intorno per rivelare le miserie interne. Viaggiare per ore con pochi metri di visibilità può essere un bell'esperimento di autocoscienza.
L'organizzazione si è prodigata con generosità nella segnalazione e assistenza sul percorso. C'era l'impressione che, dovesse sorgere un problema, sarebbe immediatamente comparso qualcuno della protezione Civile, o del Soccorso Alpino, per risolvere la situazione. Una sensazione confortante, che ha segnato la mia esperienza in modo positivo, mettendo in secondo piano qualsiasi altro aspetto. Vedere una solitaria figura intabarrata comparire nella nebbia, pronta ad aiutare, mi ha in più di un caso commosso.
Nella prima parte sembra che più d'un partecipante si aspettasse più cibo ai ristori. Memore di varie gare fuori strada io mi ero attrezzato per affrontare eventuali emergenze, compreso uno stomaco che digerisce meglio le cose che mangia di solito. Per cui non me ne sono neanche accorto.
In ben più di un luogo, fisico e virtuale, gli organizzatori stavano e stanno raccogliendo impressioni per migliorare (il vero segreto dell'eccellenza, fare domande) e quindi immagino che l'anno prossimo si potrà banchettare a piacere. Se ci sarò io continuerò comunque a portarmi il kit per le emergenze alimentari, che pesa poco e dà sollievo anche nei luoghi dove le macchine non arrivano, ma la fame sì.
Ognuno ha le sue priorità, per quanto mi riguarda non posso che complimentarmi con gli organizzatori per il già citato lavoro sul percorso, la messe di informazioni a disposizione prima della gara, la cortesia e disponibilità dimostrata in occasione di ogni richiesta.
Da segnalare anche il merito indiretto, che risiede nella scelta, di un percorso in cui ci si è dovuti confrontare con superfici tra le più disparate. Della corsa amo anche il contatto con il terreno, e le diverse risposte che si ottengono da un tappeto di foglie umide, un pascolo d'alta quota, uno sterrato roccioso, e, veramente, chi più ne ha più ne metta.
Il tempo limite era 13 ore, credo quasi fattibile camminando sempre di buon passo. Io ho chiuso in 12h10', correndo anche, ma camminando proprio piano in certi tratti.
Avendo dovuto lottare con una crisi più o meno dall'ora quattro di viaggio, dopo otto ore di corpo a corpo (o corpo a mente?) ero piuttosto incline a considerare l'esperienza come unica e non ripetibile. A distanza di due giorni però, vedo che già inzio a pensare a come potrei prepararmi meglio per limare qualche minuto alla prestazione di quest'anno. Non dovrebbe essere difficile.
Oggi ho guidato fino all'aeroporto di Venezia, 50 chilometri tondi, quasi tutti in piano, a parte qualche cavalcavia, e ho pensato che non era poi una grande distanza da coprire a piedi. Senza fretta.
Ho scelto la lunga, che oltre ai chilometri ha anche parecchi metri, 3445 per la precisione, di dislivello positivo. E c'erano tutti, in quattro dosi massicce, e altre di contorno.
C'era anche il dislivello negativo, perché si partiva ed arrivava più o meno alla stessa altezza. Quello si è percepito più alla fine, quando si precipitava da 1.700 a poco meno di 300 metri sul livello del mare in più o meno 8 chilometri.
Era un da quì a lì, da Segusino a Fadalto, seguendo quella linea di cresta che in genere serve a delineare confini e a rivelare panorami (e quì si parlerebbe di dolomiti e laguna veneta). Un percorso naturale, niente costrutti sintetici a fini agonistici o logistici, ideale per apprezzare la bellezza di questi luoghi, spesso dimenticati a favore di altri più rinomati.
Ma, intendiamoci, niente sconto sulle difficoltà. Di fatto le Prealpi non lo sanno che sono solo dei monti che preparano alle asperità vere, e si comportano da vere montagne, con pendii che si possono osservare da vicino, il suolo ce l'hai di fronte, più che sotto, in più di un tratto.
C'erano nuvole basse, che hanno nascosto le meraviglie intorno per rivelare le miserie interne. Viaggiare per ore con pochi metri di visibilità può essere un bell'esperimento di autocoscienza.
L'organizzazione si è prodigata con generosità nella segnalazione e assistenza sul percorso. C'era l'impressione che, dovesse sorgere un problema, sarebbe immediatamente comparso qualcuno della protezione Civile, o del Soccorso Alpino, per risolvere la situazione. Una sensazione confortante, che ha segnato la mia esperienza in modo positivo, mettendo in secondo piano qualsiasi altro aspetto. Vedere una solitaria figura intabarrata comparire nella nebbia, pronta ad aiutare, mi ha in più di un caso commosso.
Nella prima parte sembra che più d'un partecipante si aspettasse più cibo ai ristori. Memore di varie gare fuori strada io mi ero attrezzato per affrontare eventuali emergenze, compreso uno stomaco che digerisce meglio le cose che mangia di solito. Per cui non me ne sono neanche accorto.
In ben più di un luogo, fisico e virtuale, gli organizzatori stavano e stanno raccogliendo impressioni per migliorare (il vero segreto dell'eccellenza, fare domande) e quindi immagino che l'anno prossimo si potrà banchettare a piacere. Se ci sarò io continuerò comunque a portarmi il kit per le emergenze alimentari, che pesa poco e dà sollievo anche nei luoghi dove le macchine non arrivano, ma la fame sì.
Ognuno ha le sue priorità, per quanto mi riguarda non posso che complimentarmi con gli organizzatori per il già citato lavoro sul percorso, la messe di informazioni a disposizione prima della gara, la cortesia e disponibilità dimostrata in occasione di ogni richiesta.
Da segnalare anche il merito indiretto, che risiede nella scelta, di un percorso in cui ci si è dovuti confrontare con superfici tra le più disparate. Della corsa amo anche il contatto con il terreno, e le diverse risposte che si ottengono da un tappeto di foglie umide, un pascolo d'alta quota, uno sterrato roccioso, e, veramente, chi più ne ha più ne metta.
Il tempo limite era 13 ore, credo quasi fattibile camminando sempre di buon passo. Io ho chiuso in 12h10', correndo anche, ma camminando proprio piano in certi tratti.
Avendo dovuto lottare con una crisi più o meno dall'ora quattro di viaggio, dopo otto ore di corpo a corpo (o corpo a mente?) ero piuttosto incline a considerare l'esperienza come unica e non ripetibile. A distanza di due giorni però, vedo che già inzio a pensare a come potrei prepararmi meglio per limare qualche minuto alla prestazione di quest'anno. Non dovrebbe essere difficile.
Oggi ho guidato fino all'aeroporto di Venezia, 50 chilometri tondi, quasi tutti in piano, a parte qualche cavalcavia, e ho pensato che non era poi una grande distanza da coprire a piedi. Senza fretta.