Non va mai sempre peggio
11/08/10 15:45 Filed in: corsi e ricorsi
In una recente intervista che ho ascoltato è stato chiesto ad uno scrittore professionista se gli venisse il ‘blocco dello scrittore’.
Lui serafico ha risposto “sì, mi viene regolarmente, ma non credo esista”.
Nel senso che, anche se per una giornata fissi il muro senza apparentemente produrre nulla, quando ti verrà la ‘grande idea’ uno dei motivi sarà proprio che hai trascorso del tempo ruminando sull’argomento, in modo più o meno inconscio.
Io non ho scritto quì per un po’, e ho corso malvolentieri ancora più a lungo, ma non è che sia stato fermo. Ho continuato ad imparare.
Sembra incredibile come un gesto semplice e ripetitivo come la corsa sia fonte di soprese e apprendimento anche dopo trent’anni.
Uno degli insegnamenti classici della corsa di resistenza è che ha volte non hai grosse alternative al tenere duro e continuare ad andare avanti. Non va mai sempre peggio. E dopo un po’, quasi miracolosamente, il mondo che sembrava brutto e cattivo, ridiventa gravido di promesse e auspici.
Non ho mai corso con mp3 e cuffie, lo consideravo impuro, almeno per me, non avevo problemi se lo facevano gli altri.
A mali estremi ho dovuto cedere, e visto che l’alternativa era uscire per venti minuti e tornare a casa intrattabile, ho caricato un paio di podcast, che di solito ascolto mentre sbrigo faccende di casa o passeggio, e sono uscito a correre.
Al di là del fatto che ho finalmente potuto andare oltre quei pochi minuti che riuscivo a fare di solito, ho finalmente afferrato una cosa che sapevo da tempo, ma che non avevo mai completamente realizzato.
Io tendo ad andare molto più forte in gara che in allenamento. Sapevo anche che in gara tendo ad ascoltare le gambe, mentre in allenamento tendo ad ascoltare il respiro, e regolarmi di conseguenza. Non avevo mai fatto due più due, realizzando che, anche in allenamento, con la gente che mi parla nelle orecchie, non posso sentire il respiro, sposto quindi l’attenzione sulle gambe, e vado a ritmi nettamente più forti.
Bum.
Mi son portato il lettore mp3 anche in una recente maratona su strada, ma non ho avuto tempo di accenderlo.
Correvo, come di frequente mi accade, su una base di allenamento equivalente al ghiaccio sottile e già acquoso di un laghetto montano all’inizio di primavera. Ogni movimento sbagliato, ogni distrazione, avrebbe potuto essere fatale, e quindi mi son tenuto le cuffie nelle orecchie ma il suono era quello interno dei check up di sistema.
E devo dire che la prestazione mi ha soddisfatto, con una corrispondenza marcata tra il mio valore relativo del momento ed il tempo finale. Anzi, pure un po’ meglio.
Ho avuto il ‘blocco del podista’ quindi, ma neanch’io credo che esista, si finisce sempre per avanzare.
Lui serafico ha risposto “sì, mi viene regolarmente, ma non credo esista”.
Nel senso che, anche se per una giornata fissi il muro senza apparentemente produrre nulla, quando ti verrà la ‘grande idea’ uno dei motivi sarà proprio che hai trascorso del tempo ruminando sull’argomento, in modo più o meno inconscio.
Io non ho scritto quì per un po’, e ho corso malvolentieri ancora più a lungo, ma non è che sia stato fermo. Ho continuato ad imparare.
Sembra incredibile come un gesto semplice e ripetitivo come la corsa sia fonte di soprese e apprendimento anche dopo trent’anni.
Uno degli insegnamenti classici della corsa di resistenza è che ha volte non hai grosse alternative al tenere duro e continuare ad andare avanti. Non va mai sempre peggio. E dopo un po’, quasi miracolosamente, il mondo che sembrava brutto e cattivo, ridiventa gravido di promesse e auspici.
Non ho mai corso con mp3 e cuffie, lo consideravo impuro, almeno per me, non avevo problemi se lo facevano gli altri.
A mali estremi ho dovuto cedere, e visto che l’alternativa era uscire per venti minuti e tornare a casa intrattabile, ho caricato un paio di podcast, che di solito ascolto mentre sbrigo faccende di casa o passeggio, e sono uscito a correre.
Al di là del fatto che ho finalmente potuto andare oltre quei pochi minuti che riuscivo a fare di solito, ho finalmente afferrato una cosa che sapevo da tempo, ma che non avevo mai completamente realizzato.
Io tendo ad andare molto più forte in gara che in allenamento. Sapevo anche che in gara tendo ad ascoltare le gambe, mentre in allenamento tendo ad ascoltare il respiro, e regolarmi di conseguenza. Non avevo mai fatto due più due, realizzando che, anche in allenamento, con la gente che mi parla nelle orecchie, non posso sentire il respiro, sposto quindi l’attenzione sulle gambe, e vado a ritmi nettamente più forti.
Bum.
Mi son portato il lettore mp3 anche in una recente maratona su strada, ma non ho avuto tempo di accenderlo.
Correvo, come di frequente mi accade, su una base di allenamento equivalente al ghiaccio sottile e già acquoso di un laghetto montano all’inizio di primavera. Ogni movimento sbagliato, ogni distrazione, avrebbe potuto essere fatale, e quindi mi son tenuto le cuffie nelle orecchie ma il suono era quello interno dei check up di sistema.
E devo dire che la prestazione mi ha soddisfatto, con una corrispondenza marcata tra il mio valore relativo del momento ed il tempo finale. Anzi, pure un po’ meglio.
Ho avuto il ‘blocco del podista’ quindi, ma neanch’io credo che esista, si finisce sempre per avanzare.