Magdalena Lewy Boulet

Quando noi mortali immaginiamo gli atleti olimpici, la nostra mente disegna muscoli scolpiti, menti affilate e volontà incrollabili.

La vita di questi eroi dei nostri giorni viene immaginata come monodimensionale: allenamento, alimentazione e riposo, ancora allenamento e così via.

E a leggere dei solitari inverni di Pietro Mennea in una camera d'albergo a Formia , l'idea di fare l'atleta olimpico improvvisamente diventa un po' meno affascinante.

Rimane comunque la scusa, per noi "normali", con lavori e famiglie a tempo pieno, che magari potremmo essere anche noi lì se non dovessimo sottostare ai doveri sociali e della sopravvivenza.

Poi leggi di Magdalena Lewy Boulet.

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Ai trials olimpici di maratona di quest'anno, corsi a Boston, è partita in testa, nessuno sapeva, o ricordava, chi fosse.

Forse perché era un signor, o meglio una signora, nessuno.

Nel 2004 aveva fallito la qualificazione per poco, quinta, poi era piombata negli abissi della fascite plantare. Con un futuro agonistico incerto, se non da accantonare, si è rimboccata le maniche e ha affrontato un lavoro a tempo pieno, e, soprattutto, un figlio a tempo pieno. Aiutando anche di quando in quando nel negozio di cui il marito è compropietario.

Per guadagnare tempo un bel po' di allenamenti se li è fatti in casa, sul treadmill, mentre il figlioletto prima giocava, e poi, sempre più cosciente e coinvolto, la incitava.

Un fondo medio in una stanza, con un unico tifoso, piccolo ma enorme.

E, sempre centellinando le risorse, si era qualificata con un insignificante, a livello di aspiranti olimpionici, 2h42'. Non c'è da stupirsi che il gruppetto delle inseguitrici, tra cui la primadonna della maratona USA, Deena Kastor, non sapesse chi fosse.

E' arrivata ad avere un vantaggio di due minuti, centoventi secondi, non un granché da correre col terrore di arrivare quarti, che negli USA significa essere fuori dalla squadra, e col ricordo del calo finale, nei trials del 2004, quando gli ultimi chilometri la videro svuotata e impotente di fronte al rientro delle avversarie.

Questa volta però aveva risorse nuove, paradossalmente date proprio da quella vita intensa, ma equilibrata, e fuori dai canoni degli atleti, più vicina a chi deve affidarsi all'agenda per incastrare, con ambiziosi equilibri, l'allenamento come una delle attività, neanche la principale, nella giornata.

Deena ha rimontato, e l'ha passata, relegandola al secondo posto in quella gara, ma al primo nel mio cuore, a questo punto.

E a Pechino ci andrà, come nelle favole, grazie all'impegno e ad una volontà non comuni. Come nelle favole all'arrivo dei trials gli si è avvicinata anche la responsabile Saucony, per averla come testimone di valori e sentimenti che tutti vorrebbero avere. Probabilmente non vincerà le Olimpiadi ma di certo ha ispirato ed ispirerà molti di quelli che ne conosceranno la storia.

Aggiornamento del 21/08/2008: Magdalena spiega cosa è successo alle Olimpiadi

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Dati e storia tratti dall'articolo "Back on Track" di Kibby Kleiman, pubblicato su East Bay Express. Foto dal sito Transports.