Don Kardong, arrivato alla soglia dei quarant'anni, ebbe
un ritorno di fiamma, agonistica.
La fiamma l'aveva già vista da vicino, sfiorando il podio
olimpico di maratona nel 1976, e poi aveva continuato a correre per
proprio piacere, senza quella dedizione che l'attività
agonistica richiede.
La lusinga di qualche successo tra i master risvegliò lo spirito
indomito che lo contraddistingueva e, tra le altre cose, si recò
in laboratorio per una serie di test sulle sue condizioni attuali.
Il paragone con l'olimpionico di dodici anni prima fu piuttosto
traumatico, tutti gli indici erano peggiorati: 5 chili in più ,
percentuale di grasso da 5,7 a 14, massimo consumo di ossigeno da 77 a
63, e così via, di tristezza in tristezza.
Don ricordava che, quando gareggiava, il massimo consumo di ossigeno
era un dato da tutti aspettato, come una specie di sentenza su chi
sarebbe riuscito a battere chi.
E nei primi anni settanta Steve Prefontaine era sempre quello che aveva
il valore più elevato.
Esaminati i dati del prossimo quarantenne il medico, però,
si stupì di una prestazione che andava contro a tutti gli altri
risultati: sul treadmill aveva tenuto duro ben più di quanto ci
si potesse aspettare dalle altre evidenze sperimentali.
Don spiegò che, anni prima, la volta in cui venne battuto con
più difficoltà da Steve Prefontaine, vide quest'ultimo
arrivare stremato come alla fine di quel test sul treadmill, in cui
Prefontaine aveva corso 8'30" prima di crollare.
Memore di questo strinse i denti, e quant'altro stringibile, per
arrivare a 8'45" sul medesimo test.
"Almeno una volta in vita mia sono riuscito a battere Prefontaine".
I limiti, se esistono, restano un mistero curioso.
16.04.05